La rielezione di Rafael Correa, alla presidenza dell’Ecuador, è passata sotto un sostanziale silenzio, in Italia. In fondo il Paese andino non è considerato fondamentale negli equilibri internazionali. Un errore, e non di poco conto. Perché Correa ha trasformato l’Ecuador da una colonia di fatto degli Stati Uniti in un tassello importante della nuova America Latina che sta diventando una protagonista assoluta nello scenario mondiale. E ogni tassello che viene confermato rende più forte questo schieramento latino-americano.
Non basta ignorarlo per cancellarlo. Così come si è fatto con il ritorno in patria di Chavez, il presidente del Venezuela. Dato per morto nei primi giorni dell’anno e invece miracolosamente sopravvissuto dopo l’ennesima operazione a Cuba per combattere il cancro che lo affligge da tempo. I media italiani erano certi della scomparsa del presidente venezuelano e consideravano l’intervento a Cuba come una sorta di scelta politica, certo non professionale. Ignorando – non si sa quanto volutamente – che i medici dell’Avana sono tra i migliori del mondo. Probabilmente Chavez non avrà davanti una lunga vita, ma la possibilità di ritornare a casa è già un passo importante per garantire la continuità politica anche nel caso della sua scomparsa.
Ma Ecuador e Venezuela rappresentano anche i tasselli fondamentali in uno scacchiere Sudamericano che può consentire all’Argentina di portare avanti la sua durissima battaglia contro le ingerenze del Fondo monetario internazionale. Se Cristina Kirchner fosse isolata, a Buenos Aiores, difficilmente riuscirebbe a resistere alle continue pressioni nordamericane, alle proteste inscenate dalle immancabili Ong che guardano a Washington, alle non trasparenti sentenze dei tribunali Usa. Invece, potendo contare sul sostegno dei Paesi confinanti, l’Argentina continua a resistere.
Nell’indifferenza dei media italiani, inoltre, sullo scenario latino americano è tornato ad affacciarsi un altro protagonista: lo zar Putin. Che non si è soltanto limitato ad azzerare lo storico megadebito cubano nei confronti di Mosca (un’operazione accompagnata da nuovi contratti di acquisto di tecnologie russe), ma ha deciso di ampliare gli orizzonti verso sud. E Mosca ha stipulato un importante accordo con il Brasile sul fronte degli armamenti per proteggere i prossimi appuntamenti sportivi del Paese sudamericano, impegnato con i mondiali di calcio e con le Olimpiadi. Mosca fornirà armamenti, ma anche tecnologie. Ed in prospettiva ci saranno joint venture per portare in Brasile produzioni ora realizzate solo in Russia.
L’America latina, dunque, diventa il nuovo terreno di scontro e di espansione, militare e politica, ma anche economica. D’altronde in quasi tutti i settori le prospettive di sviluppo dei Paesi sudamericani rappresentano una potenziale boccata d’ossigeno per le economie in cerca di ossigeno attraverso nuovi mercati. Quando la multinazionale svedese Skf (leader mondiale nei cuscinetti a sfera che sono utilizzati in ogni tipo di motori) ha presentato i bilanci del 2012, ha anche indicato per quest’anno le ipotesi di andamento sui diversi mercati. E l’area con le migliori performances è stata appunto quella latino americana. Strategica per i produttori di auto, per gli operatori del settore energetico, per il comparto alimentare. Ma con un peso crescente in ogni ambito, dall’aerospaziale sino all’abbigliamento.
Un’area immensa, con popolazioni etnicamente differenti (dagli indigeni andini sino agli italiani e spagnoli in Argentina, italiani e portoghesi in Brasile e forti presenze giapponesi, francesi, tedesche, siriane sparse nei diversi Paesi), con culture che convivono e che si sviluppano autonomamente. Ma anche Paesi abituati a rapporti economici con un partner ingombrante come gli Stati Uniti e con un partner come la Spagna a cui era sfuggito il radicamente mutamento dei rapporti di forza. Già la Cina si era inserita, con successo, in alcune realtà. Ma non sempre con la dovuta “delicatezza”. Mentre l’Iran aveva approfittato degli scontri internazionali di Chavez per crearsi una testa di ponte. Ora è la volta della Russia che avrà grandi opportunità di inserimento proprio in considerazione delle strategie del Fmi contro Buenos Aires. Ancora una volta la grande assente è l’Europa. Un errore clamoroso, soprattutto per i Paesi latini del Vecchio Continente.