Gli attacchi jihadisti a Parigi dimostrano un deciso salto di qualità del terrorismo islamista. Non ci troviamo infatti più di fronte ad un’azione isolata come quella di Charlie Hebdo di un anno fa, ma ad un piano strategico ben organizzato e gestito con una precisa mente direttiva, mezzi ed uomini. Non solo quelli che hanno agito concretamente perpetrando le stragi, calcolabili in non più di una quindicina, ma molti di più, impegnati come apparato logistico e organizzativo, tanto che non appare eccessivo pensare al coinvolgimento di una quarantina, almeno, di individui. È la nuova strategia dello Stato Islamico, che si muove secondo parametri militari, molto diversi da quelli propri della “vecchia” Al Qaeda, la cui azione era squisitamente terroristica è mirata su obiettivi “simbolici”.
Qui, invece, ci troviamo di fronte ad una direzione strategica, come si diceva, che mira a portare il conflitto fuori dalle aree del Medio Oriente dove, sino ad oggi, era rimasto confinato. Prima Beirut, la bomba nel quartiere sciita, che cerca di riaccendere le braci della guerra civile libanese; ora Parigi, per colpire un paese, la Francia, che si è arrogata un ruolo di primo piano nei conflitti del Medio Oriente e del Maghreb, senza tuttavia sostanziare la propria azione militare con un preciso disegno politico, come dimostrano sia il disastroso intervento in Libia, sia, oggi, quello in Siria, privo, palesemente, di coordinate precise e di coordinamento con i possibili alleati. Che è poi il difetto di tutte le potenze occidentali che, Washington in testa, si sono impelagate nella guerra civile siriana senza avere un progetto geopolitico per il futuro della regione.
Oggi, indubbiamente, le milizie dell’IS stanno arretrando sia in Siria che Iraq per i colpi inferti non solo – e purtroppo neppure tanto – dai paesi della coalizione occidentale, ma per l’intervento, ancorché scoordinato, di russi, iraniani, e turchi. Oltre che per la resistenza dei peshmerga curdi. Tuttavia proprio questa difficoltà “in patria” sta spingendo il Califfo ad alzare la posta in gioco, cercando di portare la guerra nel cuore dell’Europa. E lo sta facendo in modo lucido ed efferato, con una ben precisa valutazione a priori del quadro politico dei paesi oggetto di attacco. Come la Francia dove è impensabile che le stragi di Parigi non abbiano a breve delle ricadute sul piano della politica interna.
Il rischio, concretamente altissimo, è che questa strategia continui a lungo, estendendosi anche alla Gran Bretagna ed alla stessa Italia, particolarmente esposta per la concomitanza del Giubileo.
Andrea Marcigliano
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