Intervento sulla rivista di geopolitica francese “Conflits” di Daniele Lazzeri, chairman de “Il Nodo di Gordio” sulle crescenti tensioni tra Italia e Francia (marzo 2019).
Dietro lo scontro tra Francia e Italia la debolezza dell’Europa
di Daniele Lazzeri
È noto che gli interessi nazionali dei singoli Stati entrano spesso in conflitto. Più grave è che ciò accada tra nazioni appartenenti all’Unione Europea dopo decenni di insistenti pressioni provenienti da Bruxelles per disegnare politiche comuni e coordinate.
Ma, oltre alla normale dialettica politica, stanno rinascendo antiche e mai sopite tensioni all’interno dell’Ue che vedono coinvolte, in particolare, Francia ed Italia.
È risaputo che Parigi non è mai stata particolarmente tenera nei momenti di difficoltà che l’economia italiana ha attraversato dall’ingresso nell’Euro in poi. L’Italia, al contrario, non ha mai sostenuto una procedura di infrazione da parte della Commissione europea per i deficit dei conti pubblici francesi. Ma nonostante le normali schermaglie tra Stati, lo scontro in atto tra Francia ed Italia di questi ultimi mesi ha raggiunto livelli inimmaginabili, giungendo addirittura al richiamo in Patria dell’Ambasciatore francese a Roma, a seguito dell’incontro tra il Vicepremier italiano del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, con uno dei leader dell’ala più radicale dei Gilet Gialli, Christophe Chalencon.
Se è vero, infatti, che anche l’altro Vicepresidente del Consiglio italiano e Segretario della Lega, Matteo Salvini, non ha mai usato toni leggeri nei confronti del Presidente Emmanuel Macron e che permangono tensioni sull’Alta Velocità ferroviaria che collegherà Italia e Francia, è altrettanto vero che i primi attacchi alle scelte sulla politica interna italiana sono arrivate proprio dall’Eliseo. Dopo le dure critiche all’Italia rivolte in passato da Hollande e da Nicolas Sarkozy, gli attacchi più feroci al Governo guidato da Giuseppe Conte provengono proprio da Macron che preferisce stringere accordi bilaterali con Berlino piuttosto che pensare al destino comune dei popoli europei. Una strana accoppiata quella tra Macron e Angela Merkel: il primo in grandi difficoltà interne dopo il fallimento delle politiche economiche e le pesanti proteste dei Gilet Gialli e la Merkel che si è notevolmente indebolita all’interno del suo stesso partito e si trova alle prese con una probabile recessione economica ed il conseguente rallentamento della cosiddetta “locomotiva tedesca”. Il recente vertice di Aquisgrana può, dunque, essere letto come un incontro tra due debolezze. Due debolezze che insieme non fanno una forza e che, alla vigilia delle elezioni europee, mostrano tutti i limiti della retorica europeista e favoriscono la crescita di movimenti populisti e sovranisti in tutta Europa.
Ma sono ben altri i terreni di scontro tra Parigi e Roma. La Francia, grande partner commerciale dell’Italia (4 miliardi di euro le esportazioni italiane del solo settore alimentare), sta intraprendendo da anni una politica di aperto scontro su alcuni importanti dossier industriali come il ricorso alla Commissione europea sull’acquisizione di Chantiers de l’Atlantique (ex STX) da parte di Fincantieri con la scusa di evitare un’eccessiva concentrazione nel settore della cantieristica navale.
Non solo. Gli interessi geopolitici ed economici francesi nel quadrante mediterraneo ed in particolare in Nord Africa, collidono con quelli italiani. La scellerata scelta del Presidente Sarkozy di intervenire in Libia al fianco di Inghilterra e Stati Uniti per rovesciare Gheddafi, ha creato una situazione di caos e di scontri tribali, destabilizzando tutta l’area ed aprendo la strada al flusso migratorio che si sta riversando sulle coste dell’Europa, in particolare quelle italiane. E suonano male le critiche rivolte al Governo Conte per aver deciso di chiudere i porti, quando la Francia aveva già brutalmente sbarrato la frontiera di Ventimiglia ed è riluttante a accogliere la redistribuzione dei migranti, lasciando all’Italia il compito di gestire questa emergenza che è al contempo umanitaria e di sicurezza.
Nel suo ultimo libro “Tutto cominciò a Nairobi”, l’africanista Marco Cochi ha ricordato come la comunità internazionale deve allineare la sua posizione per trovare una via d’uscita alla crisi libica concentrando gli sforzi sul processo di unificazione del Paese, unica via per risolvere il conflitto e consentire ai libici di raggiungere una soluzione libica”. Non sembra tuttavia che quello francese sia l’atteggiamento più corretto per uscire da questa pericolosa situazione.
Daniele Lazzeri
Chairman think tank “Il Nodo di Gordio”