Grande caos in Libia specialmente negli ultimi periodi, con le forze armate e quelle di sicurezza che non sono riuscite a ristabilire la legge e l’ordine nel Paese, soprattutto nelle principali città di Tripoli e Bengasi, ora invase da miliziani.
Molte persone rimpiangono l’epoca del dittatore Gheddafi, essi sostengono che, senza dubbio, era un leader spietato, ma la legge e l’ordine regnavano.
Oggi il quadro è triste, il paese è tornato nel Medioevo, è governato da numerosi signori della guerra pesantemente armati con differenti ideologie e approcci, la maggior parte dei quali sostiene un Islam, in molti modi, vicino al wahabismo. I laici, pur rappresentando una parte considerevole della popolazione, non osano sfidare i fanatici religiosi, per paura di essere considerati infedeli.
Notizia di alcuni giorni fa che un certo numero di aerei non identificati hanno sorvolato la capitale della Libia attaccando le forze Jihadiste e causando forti esplosioni, mentre gli scontri tra milizie hanno spinto centinaia di persone a fuggire. Secondo il New York Times alcuni funzionari degli Stati Uniti avrebbero sostenuto che gli aerei che hanno attaccato le milizie islamiste a Tripoli sarebbero degli Emirati Arabi e dell’Egitto.
L’Egitto ha negato il suo coinvolgimento, mentre varie fazioni libiche avrebbero cercato di rivendicare le responsabilità degli attacchi. In primis il Generale Khalifa Haftar, seguito da Saqr Jarouchi, un’altro Generale dissidente, che avrebbe riferito all’ AFP: “Quelli erano i nostri aerei che hanno lanciato il raid.”
Ma un’unità della forza aerea, che ha rifiutato di unirsi all’offensiva di Haftar nella città orientale di Bengasi, ha smentito tali rivendicazioni, affermando che i velivoli erano “stranieri e non libici”, poiché gli aerei libici non sono attrezzati per effettuare voli notturni e non possono essere riforniti in volo, soprattutto se decollano da basi aeree remote controllate dalle forze di Haftar.
Nel frattempo il Parlamento libico avrebbe nominato un nuovo Capo di Stato Maggiore con il compito di contrastare le milizie armate che controllano vaste aree della tormentata nazione nordafricana.
Il Colonnello Abdel Razzak Nadhuri è stato scelto da 88 su 124 deputati presenti nel Parlamento e promosso al grado di Generale.
Nadhuri sostituisce il Generale Abdessalam Jadallah al-Abidi, che era stato destituito dal Parlamento il 10 agosto per l’incapacità di ristabilire la legge e l’ordine a Tripoli e Bengasi, le due più grandi città del paese, dove i miliziani stanno avendo la meglio sulle forze regolari.
Il Parlamento, che si trova a Tobruk, a 1600 chilometri a est della capitale, ha ritenuto Abidi responsabile per il deterioramento della situazione della sicurezza e l’ha incolpato per aver appoggiato certe milizie.
Il nuovo capo dello Stato Maggiore dell’Esercito proviene da Marj a circa 1.100 chilometri a est della capitale.
Durante la rivolta 2011 contro Muammar Gheddafi, il suo battaglione si unì ai ribelli nella città Bengasi, culla della rivolta.
Il parlamento libico ha inoltre bollato come “terroristi” le milizie islamiche e gli jihadisti che sfidano la sua legittimità, e ha dichiarato l’intenzione di combatterli con le proprie forze armate regolari. I gruppi menzionati sono Fajr Libia e Ansar al-Sharia.
Fajr Libia è una coalizione di milizie islamiste, principalmente di Misurata, a est di Tripoli, mentre Ansar al-Sharia controlla circa l’80 per cento della città orientale di Bengasi.
Le milizie islamiste avrebbero contestato apertamente la legittimità del parlamento, domenica scorsa, dopo aver annunciato il controllo dell’aeroporto di Tripoli, gettando la transizione politica in una nuova crisi.
Sembra opportuno evidenziare che in precedenza, il giorno 4 agosto, è apparso su un quotidiano algerino e subito riportato dal sito middleeastmonitor.com che Egitto e Algeria stavano prendendo in considerazione un’operazione militare congiunta per impedire l’ascesa dei combattenti dello Stato Islamico (ISIS) nella loro vicina e sempre più instabile Libia.
Secondo l’editoriale del quotidiano algerino Al Watan, il Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika sarebbe “preoccupato” per le minacce ai suoi confini orientali e sembrerebbe “disposto a intraprendere una guerra contro i jihadisti nella regione“.
Inoltre, il presidente della Commissione Costituzionale dell’Egitto 2014, Amr Moussa, avrebbe dichiarato alla stampa che la situazione in Libia è diventata una fonte di “grave preoccupazione” per l’Egitto e per i paesi vicini alla Libia, sottolineando che i “mini-stati, organizzazioni settarie e fazioni estremiste in Libia costituiscono una minaccia diretta alla sicurezza nazionale dell’Egitto“.
Moussa avrebbe inoltre invitato a un’ampia discussione in Egitto “per sensibilizzare la consapevolezza pubblica in merito agli attuali pericoli,” e per costruire il sostegno necessario per qualsiasi potenziale decisione egiziana di “esercitare il suo diritto all’auto-difesa“. L’ultima settimana di luglio, almeno 23 cittadini egiziani sarebbero stati uccisi in Libia. Il Ministro degli Esteri egiziano ha subito smentito l’eventuale intervento in Libia.
Nel frattempo Il sito marocchino www.moroccoworldnews.com riporta un’analisi di Mohamed Chtatou, Professore all’Università di Mohammed V di Rabat (attualmente analista politico dei media marocchini, sauditi e britannici sulla politica e cultura del medio oriente e dell’Islam) secondo il quale alcuni paesi occidentali starebbero prendendo in considerazione una forza di stabilizzazione internazionale per la Libia composta da: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada e Australia, e per renderla accettabile dalla popolazione musulmana locale sarebbero inclusi paesi come il Marocco, la Turchia, la Giordania e l’Egitto.
Questo progetto, probabilmente, permetterebbe alla Libia di riprendersi dal caos e dal fallimento, prima che diventi un’altra Somalia in Nord Africa, una situazione che nessuno vuole. L’attuale situazione nel paese potrebbe essere oggetto di discussione nel prossimo vertice della NATO previsto per il 4-5 settembre in quanto l’Italia ne avrebbe chiesto l’inserimento in agenda.
Elvio Rotondo
Country Analyst
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