Brevi note a margine di, pochi, quotidiani. Domenica scorsa, gli Houthi, i ribelli yemeniti, avrebbero attaccato con droni alcune città saudite, in primo luogo Riad. Scarse, anzi praticamente nulle le informazioni su (eventuali) danni e vittime.
Totalmente, o quasi, ignorata da un’Europa in preda al panico per la pandemia virale, è tuttavia notizia interessante e non poco preoccupante. Dimostra, innanzitutto, che la tregua recentemente concordata in Yemen non regge. Anzi, non ha mai avuto inizio. E che la rivolta degli Houthi del nord – di fede Zaidita, una delle molte declinazioni dello Sciismo – non solo continua, nonostante anni di massacri e privazioni, ma sta, anzi, progressivamente alzando il tiro. Sino a sfidare i sauditi, che guidano la coalizione dei paesi del golfo, sin nel cuore della loro capitale. Al di là della sua reale efficacia, questo attacco ha un forte valore simbolico. Mette in discussione il sistema di equilibri e sicurezza della regione. Un sistema che si fonda, appunto, sulla forza dei Banu Saud. Inoltre rivela chiaramente come l’ Iran, grande protettore degli Houthi, non stia abbandonando la partita. E che sia tutt’altro che fuori gioco. L’eliminazione, mirata, di Süleymanı prima, poi la crisi sanitaria ancora in atto – e tutto sommato ben controllata da un sistema che deve pur fare i conti con un pesante embargo – non hanno indotto Teheran a ritirarsi dalla grande partita per il controllo della regione del Golfo. Dove, per altro, molti dei vassalli di Riad, cominciano a soffrire per problemi e ricadute in qualche modo riconducibili allo scenario collegabile alla pandemia. In particolare il crollo del prezzo del petrolio.
Sembra quindi possibile ipotizzare un’ulteriore escalation dell’ormai annoso conflitto yemenita. Con inevitabili, pesanti ricadute su tutta la regione e, in particolare, sul Corno d’Africa. Mettendo a rischio il percorso della Via della Seta marittima, o Filo di Perle su cui molto punta la strategia cinese. Il rischio del coinvolgimento della Cina è, dunque, non un semplice spettro. Un coinvolgimento che, ovviamente, non potrebbe essere accettato da Washington, grande protettore di Riad.
Il rischio è che, a breve, il conflitto yemenita si espanda come un incendio in tutta la vastissima regione che va dal Golfo Persico sino all’ Africa Orientale. Provocando ulteriori tensioni tra le Grandi Potenze i cui interessi contrastanti convergono in quell’area.
Andrea Marcigliano
Senior fellow think tank “Il Nodo di Gordio”
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