Sono stato facile profeta. Non ci voleva molto a capire che la strada percorsa con ostinata determinazione da anni ci avrebbe portato all’accordo, enfaticamente sottolineato, secondo il Corriere, dal nostro Commissario Gentiloni come un “Pacchetto senza precedenti”. 1000 miliardi il piano di aiuti UE, ribadisce ilsole24ore.com. Ora a me non interessa tanto sviscerare il quadro dell’accordo dell’Eurogruppo nei dettagli, ci sarà modo di tornarci sopra più avanti. Altri passi seguiranno in questa direzione, avremo un MES strisciante, step by step, con il corredo del solito teatrino di smentite, correzioni, prese di distanza, assicurazioni, promesse, che aumenteranno la confusione nella testa dei poveri elettori che dal 1992 votano una cosa per ottenerne un’altra. Allora dettero la maggioranza al CAF, il famigerato per il partito della questione morale Craxi-Andreotti-Forlani ed in cambio avemmo Mani Pulite e la patrimoniale di Amato, che in confronto a quello che ci aspetta nel dopo-Coronavirus è probabilmente una quisquilia. Del resto invertire i rapporti di forza che a partire da Maastricht si sono costruiti sempre più sbilanciati a favore della Germania e del suo asse con la Francia, forte della deterrenza atomica, a cui viene lasciata l’egemonia sul mare nostrum, non è un’opzione possibile, se non attraverso una lunga marcia che ricucia le toppe di un habitus euro-mediterraneo strappato.
L’ho detto mille volte. La decapitazione del ceto politico eseguita nel biennio terribile 1992-93 e le privatizzazioni di fine secolo, che ne sono state la logica conseguenza, hanno indebolito la nostra forza al tavolo europeo proprio mentre si scatenava l’assalto al “vecchio mondo ed alle sue tradizioni di parsimonia, prudenza e responsabilità”, da parte della turbofinanza che spingeva forsennatamente i consumi su scala globale. Tentativi di rientrare in giuoco con un ruolo di cerniera tra est ed ovest ci sono forse stati e bisogna ascrivere a Silvio Berlusconi il merito di aver patrocinato a Pratica di Mare nel maggio 2002 uno storico accordo NATO-Russia che avrebbe potuto inaugurare una fase storica di alleanza e per noi un ruolo di eccellenza di mediatore, ma così non è stato.
Per la cecità delle élite domestiche, sull’onda del precedente decennio, incapaci di una visione complessiva dei nostri interessi geopolitici, si è così arrivati al “cambio di regime” del 2011, con Monti, l’austerità teutonica e le sciagurate “primavere arabe” che ci hanno tolto con la Libia l’aria stessa per respirare. E non sarà la via della seta cinese a riconsegnarci quella funzione vicaria che ci ha permesso di contare, eccome, nelle vicende della decolonizzazione, interlocutori di primo rango ed una nazione amata dai giovani popoli del Nord Africa e del Medioriente.
Come non sarà il “quantitative easing” a salvarci, l’ultimo mantra dell’opposizione di centro-destra a cui sembra non interessare l’esercizio in questa emergenza della doverosa funzione di garanzia dei diritti costituzionali abbandonati in balia di qualsiasi autorità burocratica: una cura assurda – ha ragione Giulio Tremonti – che ha finito (finirà) per essere peggio del male”, annegando ed azzerando la moneta e la politica in un mare di liquidità dominato da robot ed algoritmi. Ma allora qual é la verità? Verrebbe di rispondere che non esiste, come grida Ponzio Pilato a Jeshua nel capolavoro di Michail Bulgakov.
A noi piace pensare che l’unica via d’uscita sia quella di vedere responsabilmente il rischio di implosione che corre l’Europa se non si frena la storica tendenza della Germania ad unificare nel suo segno del comando il continente, la Brexit muove da questo rifiuto; e provare a ripartire da alcune idee forti e da uno schieramento politico già sperimentato ma desueto negli ultimi trent’anni, che sono stati patrimonio comune dei paesi latini e che sono timidamente riemersi in questa fase convulsa e confusa, anche ad arte. Quel che è certo è che l’esperienza greca non può essere replicata in Italia se non mettendo in pericolo la stessa unità nazionale e la forma costituzionale della Repubblica.
Gianni Bonini
Senior Fellow think tank “Il Nodo di Gordio”
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