Non è facile che lo abbiate visto, anche se ogni tanto lo danno in televisione sui canali generalisti, però la mattina dei pensionati e delle casalinghe quando è possibile ancora vedere il cinema popolare straordinario dell’Italia che non c’è più. La ragazza del Palio è un film di Zampa del 1957 con la giunonica Diana Dors nelle vesti di una biondissima texana alla volta dell’Italia su una lussuosa autovettura, entrambi premi vinti ad un telequiz e con Vittorio Gassman in quelle di un nobile senese elegante e spiantato, per giunta doppiato in una improbabile parlata flessuosa. Il film non è un capolavoro e ci è sobbalzato agli occhi in occasione dell’ennesima trattativa fallita per la privatizzazione del Monte dei Paschi: il gran rifiuto di Orcel a SuperMario di farsi carico della privatizzazione del piu antico Banco al mondo. Che poi si tratta di una classica socializzazione delle perdite secondo il modello tracimante dopo che col nuovo secolo e la caduta del Muro il capitalismo finanziario si è fatto capitalismo politico o della sorveglianza, se vi piace di più la definizione di Shoshana Zuboff. Sulla polemica politica non vale la pena soffermarsi. Dicono invece che a Venezia nei pressi del cimitero di San Michele qualcuno ha avuto l’impressione che le viscere della terra si rivoltassero e che il vecchio Ezra sdegnato non ce la facesse più ad aspettare il giorno del Giudizio e nelle sembianze di fuoco fatuo brandisse una copia dei Manoscritti economico filosofici di Marx. Anche a Ravenna la situazione pare non sia tranquilla, no non per i nogreenpass, ma perchè temono che Dante, per sua natura inquieto e già duramente provato dal suo 700º anniversario, possa erigersi al modo di Farinata degli Uberti per ribadire che non solo non è pisano ma che usura comunque offende la divina bontade. A Roma c’è poi chi giura addirittura di aver visto a Castro Laurenziano aggirarsi fra le aule di Facoltà il fantasma di Federico Caffè infervorato a giustificarsi con Maynard Keynes, chè insomma nella scelta degli allievi ci sta qualche volta di potersi sbagliare.
Noi di certezze ne abbiamo poche, ma che con la fine ormai inevitabile del Monte dei Paschi esaltato nella Quinta Decade dei Cantos si chiuda un’era ed una civiltà, non abbiamo dubbi e ci dispiace anche per la solidarietà etica disattesa di Caffè, il suo attaccamento ai servizi sociali come indice di benessere. E se Piero di Montalcino, il principe impersonato dal Mattatore, alla fine troverà l’amore fra le braccia dell’intraprendente texana temiamo che così non sarà per quel mondo antico che Babbo Monte teneva in piedi. Antico e non sempre simpatico ma ricco di valori solidaristici, modello vivente di quella cultura del borgo che ha ispirato tanta pubblicità del piccolo schermo ed un nuovo turismo comunque sia più sostenibile.
Le favole esistono solo al cinema e poco anche lì di questi tempi.
La Redazione
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