Ci voleva Andrea Marcigliano, Ancora la nebbia…su Electomagazine, per risollevarci l’umore e far galoppare la nostra fantasia inibita dal terrore sulla quarta (?) ondata del Covid, il numero ormai ce lo siamo perso, ma soprattutto sul supergreen pass, sparso a piene mani dai media. Per qualcuno di noi un film già visto ed eravamo stati facili profeti due anni fa o forse più. Magra consolazione che ora ci sia arrivato anche Massimo Cacciari che pure di kátechon se ne intende da sempre.
Ecco perché il nostro Andrea ci ha tolto dalla melanconia, dal greco antico μελαγχολία (melancolia) composto da μέλας nero e χολή bile, e ci ha portati novello Puck, bizzoso spiritello, in questo sogno di mezzo autunno, da Fellini a Conan Doyle a Pratt, dove il giuoco si confonde col ricordo e gli artigiani che mettono in scena Piramo e Tisbe – straordinario questo Michelangelo Florio in versione celtica vero Andrea! – sembrano proprio quelli del celeberrimo passo dell’Argent di Péguy: “Dicevano ridendo , e per prendere in giro i curati, che lavorare è pregare e non sapevano di parlare così bene. A tal punto il lavoro era una preghiera. E la fabbrica un oratorio.” Tempi lontani, quando non c’erano i rider pagati a minuti di lavoro effettivi e l’ordo-liberalismo di Locke e degli empiristi era ancora alle prese con la demolizione della tomistica.
A noi però la nebbia ci rammenta più modestamente le interminabili partite di calcio sui campi di periferia di quando s’era ragazzi, che solo il buio interrompeva forzatamente e la foschia autunnale ci regalava quel clima così inglese, tra pozze d’acqua e zolle di fango che scansavamo, indossando le scarpe ed i vestiti di tutti i giorni, con una maestria da equilibrista circense.
Ora che il metano ci ha dato una mano ed ha (quasi) annullato il particolato su cui si aggregavano le gocce d’umidità, anche a Lambrate ed al Giambellino si crede di vedere finalmente la realtà ed invece è quella distopica di Zuckerberg.
La nebbia non è più quella di una volta ed il Cerutti Gino della ballata di Giorgio Gaber non ci fa più sognare…
La Redazione
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