La Russia rischia di più, ma anche per gli Usa ci sono problemi. E l’Arabia Saudita resta a guardare
La sfida sul prezzo del petrolio non appassiona più di tanto i consumatori italiani, alle prese con imposte che vanificano il crollo del prezzo del greggio sui mercati internazionali. Ma, in realtà, la sfida è strategica. Con tre protagonisti principali: l’Arabia Saudita, gli Stati Uniti e la Russia. E’ evidente che l’economia di Mosca viene pesantemente penalizzata dalla decisione dell’Opec – su spinta dell’Arabia – di non tagliare la produzione e di lasciar cadere il prezzo del barile. Ma, anche se minimizzati, i rischi sono notevoli pure per Washington. Perché a cifre così basse del greggio, lo shale oil diventa anti economico. E questo impedisce agli Usa di trasformarsi in un pericoloso concorrente per gli Emirati Arabi.
In pratica tutti i protagonisti – compresi Paesi come Venezuela ed Iran – si trovano obbligati a fare sacrifici. In attesa di scoprire chi riuscirà a superare con i danni minori questa sfida. Che, per la Russia, si somma alle sanzioni decise da Washington e dall’Unione europea. Le ripercussioni negative sono già evidenti. Ma anche l’Europa paga un prezzo elevato per le sanzioni. E l’Italia ancora di più, non solo per le mancate esportazioni, ma pure per la cancellazione di un progetto strategico come South Stream.
Quanto a Mosca, Putin ha sostenuto che la situazione può offrire alla Russia una grande chance, obbligando il Paese a dotarsi di industrie efficienti ed in grado di sostituire le produzioni sino ad ora importate dall’Occidente. Un proclama intelligente che, tuttavia, si scontra con una realtà che appare molto meno rosea. Con industrie ad efficienza limitata, con l’incapacità di utilizzare il soft power anche a sostegno delle esportazioni. E non è un caso che la Russia, già prima delle sanzioni, avesse perso due posizioni (proprio come l’Italia) nella classifica dei Paesi esportatori, scendendo dall’ottavo al decimo posto (l’Italia dal 9° all’11°), scavalcata da Gran Bretagna ed Hong Kong.
Alessandro Grandi