La domanda che ci dovremmo fare, in questo momento, è che cosa accadrà se dovesse esplodere, o implodere, la Ue. Domanda tutt’altro che accademica. Vista la pessima gestione da parte degli organi comunitari dell’attuale crisi, la loro palese impotenza e inanità, le fratture difficilmente sanabili tra i paesi membri. Salvo un miracolo, è solo questione di tempo. E, ad occhio e croce, di non molto tempo. La Brexit sembra suggestionare sempre di più Varsavia. E se se ne dovesse andare la Polonia, a breve verrebbe seguita da tutta l’area di Visegrad… Comincerebbe una rivoluzione epocale. Perché Rivoluzione non significa ghigliottina e sanculotti che cantano la Carmagnola per le strade. Significa rottura degli schemi, rapido mutamento degli scenari. Sconvolgimento dei sistemi istituzionali ed economici.
Joseph de Maistre ha scritto che non vi è nessuna disgrazia peggiore per un popolo che vivere (o subire) una rivoluzione. Rifletteva il pensiero politico classico, da Aristotele in poi. Qualsiasi governo, anche il peggiore, è preferibile al caos.
Tuttavia l’esperienza della storia ci dimostra che le rivoluzioni sono inevitabili. E noi stiamo vivendo, probabilmente, la prima di questo secolo. Ozioso interrogarsi su cause e responsabili. Inutili indagare su forze occulte dietro alle vicende…
È, invece, necessario chiedersi: Che fare?
La vecchia domanda di Lenin. Che di rivoluzione un po’ se ne intendeva.
Non essere miopi, innanzi tutto. Non guardare sempre e solo al proprio ombelico. Quel che accadrà nei prossimi anni in Italia rifletterà il destino dell’Europa. E di scenari globali ancora più vasti.
Ed essere spregiudicati. Ragionare fuori dagli schemi, frusti e stantii, con cui si continua a interpretare la politica. E noi abbiamo bisogno di politica. Di grande politica. Politica estera in primis. Non solo economica. Non ci serve un Giolitti, anche se magari avercelo… Ci serve un Crispi che osi giocare e rischiare sulla scena internazionale. Con tutti i suoi difetti ed i suoi errori. Ma la rivoluzione non è un pranzo di gala, come ci ha ricordato Gianni Bonini, in un pezzo perfetto, citando Mao Tse Tung. Un altro che la rivoluzione la sapeva fare.
Il mutamento, la rivoluzione, va compreso. E governato.
Se crolla la Ue dobbiamo guardarci intorno. E cominciare subito.
Dobbiamo trovare un collocamento, con tutti i nostri limiti, all’interno del gioco fra le Grandi Potenze. Altrimenti finiremo con l’essere passivo teatro di confronto fra i giganti. E per farlo dobbiamo darci un ruolo strategico. Divenire, con i nostri limiti, un riferimento. Nel Mediterraneo, inevitabilmente. Vi sono delle costanti geopolitiche che attraversano tutti i mutamenti. Tutte le rivoluzioni. È necessario riprendere un’iniziativa autonoma nel Nostro Mare. Guardando con più attenzione all’altra sponda. Al Nord Africa. Al Vicino Oriente. Come si è fatto in passato. Da Crispi, appunto, sino a Craxi. Quando non ci si era appiattiti su visioni strategiche lontane e, sostanzialmente, aliene ai nostri interessi. Quando si sapeva fare politica.
Dobbiamo farlo. E presto. Senza preoccuparci troppo del galateo dei Salotti buoni.
Andrea Marcigliano
Senior fellow think tank “Il Nodo di Gordio”
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