Nella notte tra il 13 e il 14 aprile Teheran ha lanciato una vasta azione di rappresaglia nei confronti di Israele. L’azione della Repubblica Islamica si inserisce in un contesto più ampio e risponde direttamente all’attacco israeliano del 1 aprile, quando a Baghdad è stato bombardato il consolato iraniano causando diversi morti tra cui il generale Mohammad Reza Zahedi.
Un numero ancora impreciso di droni e missili da crociera (si parla di più di 350 droni) sono stati lanciati, nella notte, direttamente dal territorio iraniano ma anche dagli alleati regionali di Teheran verso Israele. Non si registrano vittime e danni rilevanti, il fatto che l’Iran abbia dichiarato in anticipo l’attacco ha sensibilmente favorito Israele e alleati nella localizzazione e distruzione di droni e missili. Stretta tra l’incudine e il martello la Repubblica Islamica ha optato per un atto scenografico, imponente, capace di alleviare tensioni interne e mandare un segnale ai nemici. Teheran, come già scritto in precedenza, necessitava di una risposta rimanevano dubbi solo sulle modalità. Nel mentre l’IDF (Israel Defence Force) e il ministero della difesa israeliano dichiarano di aver respinto il 99% di questi attacchi. La situazione nel Medio Oriente si sta sempre più scaldando, per questo motivo, nel giorno di oggi sarà prevista una riunione speciale del consiglio di sicurezza dell’ONU.
Israele sapeva fin da subito quali rischi stesse prendendosi nel momento dell’attacco al consolato iraniano a Damasco. Dal canto suo, l’Iran necessitava di una risposta che non superasse determinate linee rosse ma che al tempo stesso mostrasse la capacità persiana di colpire il nemico. Prove di intesa in uno scenario apparentemente sempre più incandescente. Nei prossimi giorni Washington dovrà cercare di persuadere Israele dal commettere nuovi atti di rappresaglia, pena un concatenarsi di eventi difficilmente prevedibili e controllabili.
Paolo Lolli
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