Il Golfo di Aden è situato tra Yemen, sulla costa meridionale della penisola arabica, e Somalia, nella parte settentrionale del Corno d’Africa. La rotta che lo attraversa è una delle più trafficate al mondo ed è di fondamentale importanza per la salute dell’economia mondiale visto che 21.000 navi e un non trascurabile 20 per cento delle esportazioni mondiali, vi passano attraverso, ogni anno.
L’aumento della pirateria come “industria” nell’area può essere ricondotta al fallimento dello stato somalo nei primi anni ’90. Devastata da una guerra civile che fu combattuta in seguito al crollo del governo al potere nel 1991, la Somalia cadde in un’anarchia caratterizzata da rivalità basate su clan e gruppi di milizie in competizione per il controllo delle infrastrutture nazionali.
Nel 2009, a seguito di ripetuti episodi di pirateria al largo della Somalia, l’Unione Europea, la NATO, la Cina, l’Australia e poi il Giappone decisero di schierare mezzi aerei e navali per proteggere le spedizioni commerciali nella regione, in particolare le spedizioni di petrolio e gas naturale. I mari al largo delle coste della Somalia e del Golfo di Aden formano un’importante linea di comunicazione marittima, che unisce Asia e Europa. Il Giappone aveva inviato navi e aerei nella regione dopo aver emanato una legge antipirateria. Velivoli della forza di autodifesa giapponese avevano operato per due anni dalla base navale degli Stati Uniti a Gibuti. Ma nel 2011, la Forza di autodifesa marittima giapponese creò la propria base nelle vicinanze, in un sito di 12 ettari estesi successivamente a 15 per esigenze militari. La base ha già svolto un ruolo di supporto per l’impegno giapponese in Africa. Nel 2016 la base è stata utilizzata per facilitare l’evacuazione dei cittadini giapponesi dal Sud Sudan mentre la guerra civile infiammava nel paese.
Nonostante il calo complessivo della pirateria nel Corno d’Africa negli ultimi anni, (Secondo l’Ufficio marittimo internazionale della Camera di commercio internazionale, dal 2012, gli attacchi registrati dei pirati somali sono passati da 237 a soli 3 nel 2018) il Giappone rimane impegnato in un’operazione di sicurezza internazionale al largo del Corno d’Africa, che rappresenta sempre più un caposaldo della sua più ampia politica in Africa.
Tokyo partecipa attivamente alle operazioni a largo della Somalia e nel Golfo di Aden adempiendo così alle sue responsabilità internazionali.
Qualche giorno fa due aerei di pattuglia giapponesi hanno lasciato Okinawa per il Medio Oriente, in quella che sarà la prima missione di raccolta di informazioni a lungo termine delle forze di autodifesa giapponese all’estero. La spedizione arriva in seguito all’ordine del ministro della Difesa Taro Kono destinato a garantire la sicurezza delle navi commerciali legate al Giappone che attraversano la regione, su cui Tokyo fa molto affidamento per le sue importazioni di petrolio greggio. Le navi giapponesi effettuano circa 1.700 transiti all’anno nello Stretto di Hormuz, inclusi 500 transiti di navi cisterna, secondo i numeri forniti dall’Associazione degli armatori giapponesi. L’ufficio del governo stima che circa il 18 % dei trasporti per l’esportazione del Giappone siano passati attraverso il Golfo di Aden nel 2018.
Lo sforzo giapponese coinvolgerebbe principalmente gli assetti già presenti nella regione riassegnando risorse piuttosto che aggiungerne di nuove. Come molte nazioni, il Giappone ruota le forze navali attraverso il Golfo di Aden per pattugliamenti anti-pirateria e devierebbe un cacciatorpediniere nel Golfo dell’Oman dopo la fine dell’attuale rotazione della nave al largo della Somalia.
Infatti, gli aerei di pattugliamento della Forza di autodifesa marittima P-3C, che sono stati impegnati in missioni di pattugliamento antipirateria al largo della Somalia, inizieranno la missione il 20 gennaio, mentre il cacciatorpediniere Takanami lascerà il Giappone il 2 febbraio. Il primo ministro Shinzo Abe, prima di lasciare Tokyo per un viaggio di cinque giorni in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman, ha detto ai giornalisti che “garantire la sicurezza delle navi collegate al Giappone è di fondamentale importanza“.
Il mandato della missione è di un anno, ma con possibile estensione.
Tuttavia, la decisione del governo di inviare le risorse delle MSDF in Medio Oriente è stata criticata dai partiti di opposizione tra le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Iran. Gli aerei di pattuglia saranno di stanza a Gibuti e le aree operative della missione sono limitate al Golfo di Oman, alla parte settentrionale del Mar Arabico e allo stretto di Bab el-Mandeb.
Dati i limiti dell’attività militare, ai sensi della costituzione giapponese post-Seconda Guerra Mondiale, il governo giapponese avrebbe classificato l’operazione come attività di rilevazione e di ricerca intesa a raccogliere informazioni. Gli aerei MSDF segnaleranno i potenziali rischi nella regione alle compagnie di navigazione giapponesi tramite il ministero dei trasporti. Il ministero della Difesa ha dichiarato che saranno inviati circa 260 membri del personale, compresi quelli del cacciatorpediniere Takanami, che dovrebbe iniziare le sue operazioni alla fine di febbraio.
Le Forze marittime di autodifesa giapponesi non opereranno intorno allo stretto di Hormuz e al Golfo Persico, in considerazione delle relazioni amichevoli di lunga data tra Giappone e Iran. Il Giappone non ha aderito a un’iniziativa di sicurezza marittima guidata dagli Stati Uniti, ma condividerà le informazioni ottenute attraverso la sua spedizione in Medio Oriente con le forze armate statunitensi.
Inoltre, un numero simbolico di personale giapponese è schierato anche in Bahrein, dove ha sede la Task Force multinazionale 151, istituita per fornire un quadro multinazionale indipendente per operazioni congiunte contro la pirateria.
Elvio Rotondo
Country Analyst del think tank “Il Nodo di Gordio”
© RIPRODUZIONE RISERVATA