Giovedì 7 marzo, ufficialmente, la Svezia diventa il 32mo membro della NATO . Dopo quasi due anni di trattative e compromessi si chiude l’iter di adesione del Paese scandinavo all’Alleanza Atlantica. Stoccolma si lascia così alle spalle l’ormai storica neutralità adottata dalla fine delle guerre napoleoniche (1815). Cambio di paradigma, ritenuto necessario, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina.
Decisive le pressioni che il Paese scandinavo, supportato da Washington, ha esercitato verso Turchia e Ungheria. Queste ultime, per motivi diversi, dall’inizio si erano opposte all’ingresso di Stoccolma nell’alleanza. Stallo risolto grazie a concessioni americane ad Ankara e ad un accordo militare fra Svezia e Ungheria. Anticipata di poco dalla Finlandia (aprile 2023) l’adesione svedese muta i rapporti di equilibrio nell’area scandinava trasformando il Mar Baltico in Lago NATO, salva l’eccezione dell’exclave russa di Kaliningrad. L’aggressione russa all’Ucraina ha rappresentato il catalizzatore di questa scelta di campo della Svezia. Percepitasi minacciata dal revisionismo del Cremlino, Stoccolma ha abbracciato Stati Uniti e soci. Concentrata sulla ormai sua guerra esistenziale in Ucraina, per il momento, Mosca non ha intrapreso azioni ostili a riguardo. Che non lo faccia in futuro è tutto da vedere. Se l’ipotetico, quanto remoto, ingresso ucraino nell’Alleanza Atlantica minacciasse direttamente o indirettamente parte della Russia meridionale e centrale, l’ingresso svedese va ad aumentare quella percezione russa di accerchiamento e tradimento di vecchie promesse di non espansione a Est.
L’adesione svedese non è esente da perplessità. Rimangono seri dubbi sul futuro dei rapporti interni dell’Alleanza Atlantica, sempre più composita e balcanizzata, organizzata ormai in blocchi talvolta aventi interessi divergenti. Si conferma lo spostamento del baricentro geopolitico della NATO, non più nell’Europa Occidentale ma Nordorientale.
Paolo Lolli
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