Quando il martirio non c’è, bisogna inventarselo. Così, sul Corriere della Sera, è comparso un articolo di attacco alla Russia, accusata di mettere in pericolo i giornalisti, solo perché – come tutti gli altri principali Paesi del globo – ha monitorato gli articoli comparsi sui principali giornali internazionali a proposito della Russia e della sua politica, interna ed esterna.
Dopodiché, sulla base delle posizioni espresse nell’articolo, è stata creata una classifica dell’Indice di aggressività espresso dai differenti giornali. Senza accuse, senza alcuna minaccia, nella massima trasparenza. Talmente evidente, la trasparenza, che il giornalista del Corriere era pure stato invitato alla presentazione della ricerca condotta dall’Istituto di studi strategici di Mosca, guidato dal generale Reshetnikov.
Ciò che viene esaltato come geniale, quando si tratta di alcuni Paesi (si pensi ai Big Data), diventa una “minaccia” quando si tratta della Russia. Che non ha dunque il diritto di valutare come viene percepita dai media internazionali. È quella che il filosofo Paolo Borgognone definisce come fobia della sinistra radical chic, dei bo-bo, nei confronti di un inesistente pericolo russo. Una fobia che, per Borgognone, è stata creata ad arte dal soft power statunitense che non viene contrastato da Mosca. Anche perché la Russia appare del tutto inadeguata sotto l’aspetto del soft power e incapace di una risposta che sappia coinvolgere i media europei.
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