Le volontà disattese – Villa Emo
Un altro pezzo se ne va. Questa volta pare sia il turno di Villa Emo, villa palladiana arricchita da splendidi affreschi, sita a Fanzolo provincia di Treviso. Dico pare perché a oggi esiste solo uno stringato comunicato stampa con cui il Credito Trevigiano, l’istituto bancario proprietario della villa palladiana, informa che è pervenuta un’offerta per l’acquisto del prestigioso immobile.
L’ente di credito, che acquistò la villa il 22 dicembre 2004, dall’ultimo degli eredi Emo, nel 2005 costituì un’apposita Fondazione culturale (e non bancaria) senza fini di lucro, posta sotto la vigilanza ed il controllo del Ministero dei Beni Culturali, rappresentato dal Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, presente di diritto nel Consiglio di Amministrazione. I finanziamenti destinati alla gestione e manutenzione, 325mila euro annui, furono però definitivamente sospesi nel 2014, data di commissariamento da parte di Bankitalia dell’ente.
Villa Emo, già patrimonio UNESCO, ora ha un possibile acquirente che, grazie al succitato comunicato dell’istituto di credito, sappiamo essere un privato, appassionato del Palladio, che ha manifestato la volontà di riportare la Villa al suo originario splendore, prevedendo oltre all’investimento diretto, anche un ulteriore, cospicuo, investimento per alcune opere di ristrutturazione e restauro della Villa.
Le parole usate per comunicare la probabile vendita, hanno un tono rassicurante, ma in realtà suonano più come una difesa preventiva alle critiche inevitabili a cui si presta tale operazione.
La Fondazione, attualmente proprietaria del bene, se davvero intenzionata a vendere, seguirà l’iter previsto in casi come questo. Si tratta infatti di un bene culturale sottoposto a vincolo di tutela che, in caso di vendita, richiede autorizzazioni specifiche. In particolare, come previsto dall’art. 60 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, un qualsiasi ente pubblico interessato, ha facoltà di acquistare in via di prelazione il bene. In parole semplici, a parità di prezzo, è obbligo dare precedenza all’offerente pubblico anziché al privato.
Dunque, proprio in virtù del concetto di bene pubblico, una Fondazione che, come recita l’art.2 del suo stesso statuto, ha come scopo la tutela, la conservazione ed il recupero di Villa Emo, per arrivare alla decisione di alienare il medesimo bene che si prefiggeva di proteggere, si suppone abbia validi o addirittura gravissimi motivi per farlo.
Quali dunque i motivi? Di qualsiasi natura essi siano, economici o altro, sarebbe quantomeno doveroso da parte della Fondazione e dell’ente di credito comunicarli, preferibilmente prima della “rassicurante” elencazione dei nobili intenti del possibile acquirente.
Sarebbe inoltre bello, oltre che giusto, non dimenticare la volontà testamentaria di chi ci ha lasciato in custodia questo bene:
Et se par caso nascesse in opinione ad alcuna di dette mie fiole di non maritarsi, non monacarsi, […] voglio che siano honorade da moi fiolli, spesade alla sua tavola et vestide e calzade e una masera a sua posta, et ducati 25 all’anno habear cadauna di esse da spender, et se per caso per mala compagnia o altro non potesse star in casa in compagnia dei suoi fratelli, che Dio guardi, voglio che habbino de la mia facoltà ducati desento l’anno per una vita sua […] et se occorresse vender qualche ben della mia facultà voglio che mia mogier lo possa far […].
Ma prego ben […] a non vender ben alcuno posto nella villa de Fanzuol.
Testamento di Leonardo Emo (1532-1586)
Anna Scavezzon