L’Indo-Pacifico con le sue zone calde, potenze emergenti, partenariati politici ed economici è la regione più a rischio di conflitti di qualsiasi altra.
A pochi giorni dell’insediamento di Biden alla Casa Bianca, s’intravedono le prime mosse dell’amministrazione americana per quanto riguarda la sempre più complicata situazione nella regione. Si tratta della scelta di Kurt Campbell che assumerà una posizione di primo piano e cioè la carica di coordinatore per l’Indo-Pacifico nel Consiglio di sicurezza nazionale (NSC) come vice di Jake Sullivan, scelto da Biden come il suo consigliere per la sicurezza nazionale.
La società di consulenza di Campbell, The Asia Group, ha rivelato la notizia in un comunicato pubblicato il 13 gennaio scorso. Campbell ha fondato il gruppo dopo aver lasciato l’amministrazione del presidente Barack Obama. Un portavoce del team di transizione di Biden ha successivamente confermato la scelta. La posizione, che alcuni osservatori hanno equiparato a uno “zar dell’Asia”, non avrà bisogno di conferme da parte del Senato.
Campbell, oltre ad essere il co-fondatore del think tank “Center for a New American Security” è un ex ufficiale della marina le cui prime interazioni in Asia sono avvenute durante il suo servizio presso la base di Yokosuka, nella prefettura di Kanagawa, ha ricoperto numerosi incarichi chiave, tra cui assistente segretario di stato statunitense per gli affari dell’Asia orientale e del Pacifico dal 2009 al 2013, periodo durante il quale è diventato un volto familiare nelle capitali asiatiche. È anche l’autore di “The Pivot: The Future of American Statecraft in Asia“, un libro che ha delineato un piano molto atteso dall’amministrazione Obama per riequilibrare le risorse statunitensi e concentrarsi sulla regione Asia-Pacifico durante l’ascesa della Cina.
Michael Green, consigliere per la sicurezza nazionale in Asia del presidente George W. Bush, che ha stretti legami con i politici giapponesi ha scritto, in un commento sul Foreign Policy, che “la nomina di Campbell rafforzerà la posizione dell’amministrazione entrante in Asia”.
Campbell ha espresso un forte sostegno agli alleati asiatici di Washington e ha preso una posizione dura sull’assertività cinese nella regione.
Campbell ha recentemente scritto in un articolo su Foreign Affairs che “Trump stesso ha messo a dura prova praticamente ogni elemento del sistema operativo nella regione”. Le azioni del presidente hanno ceduto il terreno “affinché la Cina riscriva le regole centrali per il contenuto e la legittimità dell’ordine”, aggiungendo che è necessario “un serio re-impegno degli Stati Uniti”. Ma piuttosto che formare una “grande coalizione focalizzata su ogni questione”, Campbell ha detto che gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi su “organismi ad hoc incentrati su problemi individuali”, cercando di espandere le coalizioni esistenti come il “Quad“, che raggruppa Australia, India, Giappone e Stati Uniti, per rafforzare la deterrenza militare.
Proprio, il 6 ottobre 2020, tra i ministri degli esteri dei paesi del “Quad” durante un incontro a Tokyo, sono emerse riflessioni sulla fattibilità del progetto, promuovere una regione indo-pacifica libera e aperta tale da essere la pietra miliare di una nascente architettura di sicurezza regionale.
Tuttavia, secondo quanto riporta il Japan Times, Campbell ha anche lasciato la porta aperta alla cooperazione con Pechino, sottolineando che le nazioni asiatiche non vogliono essere costrette a scegliere tra Stati Uniti o Cina. “Una soluzione migliore sarebbe che gli Stati Uniti e i loro partner persuadessero la Cina che ci sono vantaggi per una regione competitiva ma pacifica”, ha evidenziato che a Pechino dovrebbe essere offerta una posizione chiave in un ordine regionale se si attiene a quanto verrebbe concordato.
Il ministro degli esteri di Taiwan, in merito alla nomina di Campbell, si è espresso favorevolmente dichiarando che “la nomina di un tale esperto di politica USA nell’Asia-Pacifico avrà implicazioni positive per le relazioni Taiwan-USA e per lo sviluppo complessivo della regione Asia-Pacifico”.
Un problema che Campbell ha riconosciuto è che la nuova amministrazione dovrà affrontare quasi immediatamente l’approccio degli Stati Uniti con la Corea del Nord. Campbell ha detto che Biden “dovrà prendere una decisione tempestiva su cosa fare” sulla questione Corea del Nord, e ha anche elogiato i “colpi straordinariamente audaci” delle sollecitazioni diplomatiche di Trump con Pyongyang, mentre Biden cerca di evitare una ripetizione del 2009, quando il regime nordcoreano aveva affondato un tentativo di apertura nei primi mesi dell’amministrazione Obama.
Le probabilità di una provocazione non appena la nuova amministrazione Biden si insiederà sono alte dopo che il leader nordcoreano, nel congresso del partito che si è concluso questa settimana, ha promesso di sviluppare armi nucleari e missili più avanzati e ha etichettato gli Stati Uniti come “nemico principale”.
Ma gran parte del successo di Campbell con la Corea del Nord dipenderà anche dalla sua capacità di favorire una ricucitura dei legami tra Seoul e Tokyo che hanno raggiunto probabilmente il loro punto più basso da decenni.
Il rapporto tra i due vicini asiatici è stato critico per decenni a causa del passato coloniale del Giappone, ma il conflitto ha raggiunto un nuovo livello di rancore quando la Corte Suprema della Corea del Sud nel 2018 aveva stabilito che le aziende giapponesi dovevano compensare i sudcoreani, costretti a lavorare per loro durante la seconda guerra mondiale.
Inoltre, la decisione del Giappone di scaricare in mare l’acqua radioattiva dalla devastata centrale nucleare di Fukushima potrebbe danneggiare ulteriormente i legami già logori. Tokyo dovrebbe annunciare presto il suo piano per rilasciare in mare più di 1,2 milioni di tonnellate di acqua contaminata (previsto per il 2022) che ha raccolto dal crollo della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, a causa del terremoto e dello tsunami nel 2011.
Secondo Sheila Smith, senior fellow per gli studi sul Giappone presso il Council on Foreign Relations di Washington, a causa della pandemia di coronavirus e la complicata politica interna americana qualsiasi slancio/iniziativa di Biden nei confronti di Kim Jong-un dovrà attendere, “anche se non si può escludere un’apertura in anticipo”.
Naturalmente si dovranno osservare anche le mosse di Kim Jong-un che non starà alla finestra a guardare ancora a lungo.
Elvio Rotondo
Country Analyst think tank “Il Nodo di Gordio”
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