Nella notte italiana del 9 maggio il Presidente Joe Biden, in un’intervista alla CNN, ha minacciato di sospendere l’invio di armi offensive qualora Israele, dopo aver occupato il valico di Rafah, inizi con un’operazione su larga scala nella città. La reazione statunitense ha trovato subito alcuni critici da parte israeliana e negli USA da esponenti repubblicani ma anche da colleghi di partito. La dichiarazione del Presidente, lungi dall’essere mossa da questioni umanitarie, va probabilmente letta come ennesima linea rossa dettata all’alleato e anche alla luce delle elezioni presidenziali di novembre.
Gli Stati Uniti furono, nel 1948, la prima nazione al mondo a riconoscere lo Stato di Israele. Da allora le relazioni sono sempre state caratterizzate da alti e bassi. Oltre a essere il principale fornitore di armi Washington appare, agli occhi dei rivali di Israele e di tutti quei Paesi non allineati al sistema americanocentrico, il garante dell’esistenza dello Stato ebraico stesso. Di conseguenza, qualsiasi azione di Israele viene interpretata in questa chiave. Dal 7 ottobre ad oggi la credibilità degli Stati Uniti è stata colpita duramente dal sostegno, fino a poco tempo fa, granitico al governo Netanyahu. Israele ha occupato il valido di Rafah probabilmente anche per sondare le reazioni internazionali e placare i falchi di casa (su tutti Ben-Gvir e Smotrich). Il premier Netanyahu non si può permettere una cessazione definitiva delle ostilità, ciò causerebbe la sua fine politica e ad oggi rappresenterebbe anche una sconfitta strategica israeliana, allo stesso tempo non può ulteriormente rischiare di esacerbare le relazioni con la superpotenza. La riapertura del valico di Kerem Shelom, situato a sud della città di Rafah, è dimostrazione plastica di quanto appena detto.
Israele spera che la minaccia, oggi molto concreta, di un’operazione su larga scala a Rafah metta sotto pressione la leadership di Hamas in modo da accettare un cessate il fuoco temporaneo e la restituzione degli ostaggi. Questa sera l’ennesimo gabinetto di guerra ebraico deciderà le future mosse dopo le parole di Biden. Da parte statunitense, minacciare la sospensione dell’invio di armi offensive ma non di quelle difensive non pare una mossa tale da mettere in discussione i piani israeliani.
Paolo Lolli
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