Si è svolto giovedì 19, presso la sede Unindustria di Treviso, l’incontro “Mongolia. Country presentation” diretto a presentare alle aziende della Marca le opportunità di business nel paese di Gengis Kahn.
L’incontro, introdotto da Mario Vizzotto, responsabile per Unindustria Treviso dell’Area Internazionalizzazione, non è il primo del suo genere è ha già visto gli industriali della Marca incontrarsi anche con Kazakhstan, Azerbajian e altri ancora.
La Mongolia, il “Regno di Mezzo”, sta vivendo una fase di incredibile sviluppo e di profonda trasformazione. Da satellite sovietico, tra il 1914 e il 1989, e terra di predazione di materie prime (specialmente minerali) si sta trasformando in un Paese autosufficiente, proteso verso la modernità ma con i piedi ben saldi nelle tradizioni della steppa.
Con quasi 3 milioni di abitanti (di cui la metà a Ulan Batar, la capitale) e un’estensione geografica di circa 1,5 milioni dii kmq, è uno dei Paesi con la più bassa densità demografica al mondo; con più del 50% della popolazione sotto i 30 anni.
Dalla crisi che ha colpito tutto il mondo nel 2009, lo sviluppo è stato molto forte e ha segnato un incremento del pil quasi sempre a doppia cifra (2010: +6%; 2011: + 17%; 2012: +14%; previsione 2013: +19%) con un mercato azionario altrettanto forte.
La crescita risulta trainata dal settore servizi e commercio, ma anche dalle infrastrutture e da quello minerario di cui la Mongolia è particolarmente ricca.
L’attenzione degli imprenditori italiani è rivolta al Paese come mercato alternativo per esempio per il cashmere, bypassando così il monopolio cinese del prodotto. Grandi aziende come LoroPiana e Zegna sono presenti sul territorio, investendo anche nella cultura dell’allevamento e contribuendo di fatto allo sviluppo dell’economia locale.
Le riserve del settore minerario si stimano in più di 2000 mld di dollari e il Paese ha trasformato negli anni la politica di semplice “estrazione ed esportazione” senza nessuna ricaduta positiva sul territorio, in una politica di sviluppo, rilasciando le concessioni a chi si impegna a fare almeno la prima lavorazione dei minerali in loco; nello stesso tempo sviluppando una politica fortemente incentrata a ridurre gli impatti ambientali che tale lavorazione provoca, promuovendo uno sviluppo sostenibile attraverso 5 punti cardine che fanno parte del progetto di sviluppo del Paese (1. sviluppo del settore minerario e dell’industria pesante; 2. sviluppo del settore agricolo-pastorale e dell’industria di trasformazione; sviluppo delle infrastrutture; 4. promozione della sostenibilità ambientale e del capitale umano; 5. supporto allo sviluppo del’imprenditoria privata e delle partnership pubblico-privato).
Le infrastrutture crescono veloci e i bandi pubblici non mancano: 200 km di ferrovia appena vinto da un’impresa coreana e 1000km di autostrada ancora in corso, gara alla quale partecipano anche aziende italiane.
Il settore agricolo è inoltre in forte sviluppo grazie al terreno molto fertile anche se principalmente usato per il pascolo. Il Paese conta infatti 32 mln di capi (arrivati addirittura a 48 mln) e alcune aziende italiane stanno sviluppando mattatoi su TIR seguiti da TIR refrigeranti per fornire una macellazione con standard europei pronti per l’esportazione.
Di fatto la presenza italiana non è la principale presenza straniera sul territorio (al 4° posto nelle esportazioni; in complesso 46 imprese per più di 70 mln di € di giro d’affari) e Russia e Cina rimangono i principali interlocutori del Paese ma è un fatto che il Paese voglia liberarsi di questo giogo, soprattutto della Cina che considera la Mongolia terra di predazione fin dal tempo degli imperatori. Il rapporto con l’Italia è però privilegiato; per un aspetto culturale, condividendo l’importanza della famiglia e il piacere della convivialità; ma anche perché molta della classe dirigente mongola si è laureata in Italia, a Trieste.
Presenti all’incontro il Console Onorario di Mongolia a Milano, Gantuya Tsevegdorj, e il Vicepresidente dell’Italian Mongolian Business Council, che sta promuovendo per metà ottobre un viaggio esplorativo per imprenditori italiani proprio a Ulan Bator.
Il "Nodo di Gordio" è un think tank di geopolitica ed economia internazionale, promosso da una équipe di diplomatici, docenti universitari, giornalisti ed analisti in numerose discipline (geopolitica, storia, economia, finanza, politica estera, studi militari, letteratura, arte, marketing, comunicazione e gestione della rete internet)
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