Dopo l’ennesimo fallimento dei colloqui di pace per lo Yemen, tenutisi a Ginevra lo scorso dicembre sotto l’egida dell’ONU, l’Arabia Saudita non accenna a ridurre la pressione militare sul Paese arabo più povero, sul quale grava un’emergenza umanitaria di proporzioni enormi.
Alcuni media che descrivono la guerra in corso tendono, semplicisticamente, a ridurre il conflitto ad uno scontro tra il governo centrale, sostenuto dai Sauditi, e i ribelli Houthi, sostenuti e finanziati dall’Iran. Questa dicotomia è fuorviante e non analizza affatto le ragioni della rivolta.
Per capire le ragioni dell’attuale guerra civile si devono ripercorrere gli eventi principali della storia della Repubblica Unita dello Yemen. L’unità territoriale è stata raggiunta solo nel 1990, la religione maggioritaria è l’Islam sunnita mentre una cospicua minoranza (circa il 30% della popolazione) è sciita, in particolare pratica una sua variante, lo zaidismo.
Una minoranza che è concentrata soprattutto nelle province intorno alla città di Saada nel nord-ovest del Paese, al confine con l’Arabia Saudita. Queste province, che sono tra le più arretrate economicamente di un paese già di per sé povero, sono sempre state al centro di focolai di rivolta contro il governo centrale.
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Continua la lettura dell’articolo di Gianluca Padovan, esperto di problematiche russe, iraniane ed asiatiche su “Gli Occhi della Guerra”–> Yemen, radiografia di un conflitto