Alcuni organi di stampa hanno accolto con sorpresa l’ultima sfida lanciata al mondo dalla Corea del Nord, ma il quarto test nucleare di Pyongyang seguito dall’annuncio di aver utilizzato per la prima volta con successo un ordigno a idrogeno, non giunge certo inaspettato.
L’attuale leader del Regno eremita Kim Jong Un, lo scorso 10 dicembre, era tornato a minacciare la comunità internazionale dichiarando di possedere la potentissima bomba H, lasciando aperta la possibilità di un test imminente.
Già in passato, la Corea del Nord aveva fatto riferimento ad armi “più forti e più potenti”, pur non avendo mai sostenuto di avere nei propri arsenali la bomba a idrogeno e di essere in grado di farla esplodere in forma autosufficiente.
Se il test dello scorso 6 gennaio fosse davvero riuscito, presupporrebbe un passo avanti importante nel programma di sviluppo nucleare del regime di Pyongyang, soprattutto dopo che la Corea del Nord ha testato già tre volte la bomba atomica, che utilizza la fissione, nel 2006, nel 2009 e nel 2013, guadagnandosi l’imposizione di pesanti sanzioni internazionali.
La bomba H utilizza la fusione termonucleare incontrollata e produce un’esplosione migliaia di volte più potente, ma i servizi di intelligence di Seul sono piuttosto scettici sulla possibilità che il Nord abbia potuto davvero sviluppare tale arma e ritengono che l’esplosione sia stata prodotta da una bomba atomica potenziata da un elemento di fusione: qualcosa di ibrido tra una bomba atomica e una bomba H.
La decisa riluttanza della Corea del Sud è basata soprattutto sul fatto che la Corea del Nord non ha avuto successo nel miniaturizzare le bombe nucleari. Per questo, è molto difficile che abbia la tecnologia per produrre un ordigno all’idrogeno.
Secondo Chang Yong-seok, un ricercatore dell’Istituto per la pace e l’unificazione dell’Università nazionale di Seul, la dichiarazione a effetto di Kim sarebbe mirata a esercitare pressione sugli Stati Uniti per tornare al tavolo delle trattative.
Tuttavia, immagini satellitari molto recenti suggeriscono che la Corea del Nord stia scavando un nuovo tunnel presso il suo principale sito nucleare di Punggye-ri. Il tunnel in questione si troverebbe in un’area separata del sito, distinto da quelli scavati in passato e già utilizzati.
Secondo il gruppo di ricerca 38 North della Johns Hopkins University di Washington, le immagini satellitari mostrano alcuni lavori di scavo che sarebbero iniziati nello scorso mese di aprile, ma al momento non esisterebbe alcun segnale di un imminente test nucleare. Tuttavia, questo nuovo tunnel aumenta le capacità di Pyongyang di procedere in futuro a nuove dotazioni.
E anche i lavori nell’area di lancio dei satelliti di Sohae sembrerebbero completati. Se così fosse, la Corea del nord sarebbe riuscita a rispettare la scadenza di costruzione imposta dal regime in tre anni, per far salire a tre le strutture di lancio satelliti del Paese.
Molto più realistiche sembrano invece le dichiarazioni rilasciate nell’aprile scorso al Wall Street Journal, da alcuni esperti nucleari della Cina popolare, secondo i quali la Corea del Nord sarebbe in possesso di un arsenale nucleare di venti testate atomiche.
La notizia costituisce un elemento di notevole preoccupazione, in primo luogo, perché si tratta di un numero superiore alle stime degli Stati Uniti, che ipotizzano tra dieci e sedici ordigni atomici già in possesso dei nordcoreani. Inoltre, la rivelazione degli esperti cinesi è resa ancora più allarmante dal fatto che un arsenale atomico di tale portata renderebbe oltremodo complessa qualsiasi ipotesi di denuclarizzazione della penisola asiatica.
Lo scenario odierno è molto difficile da decifrare e l’unica certezza che accompagna gli esperti nucleari di Pyongyang è quella di costituire una seria minaccia per la stabilità di tutta l’area.
Un punto di vista fortemente condiviso dal Korea Economic Institute, un think tank con base a Washington, che osserva con preoccupazione alcuni dati resi noto da esperti cinesi, secondo cui Pyongyang avrebbe riserve di uranio sufficienti per raddoppiare la propria potenza nucleare in un solo anno.
Senza contare che la Corea del Nord, dopo aver effettuato ogni test nucleare, ha sempre rafforzato le sue capacità nel settore missilistico. Inoltre, dopo l’ultimo del 2013, ha affermato di poter colpire gli Stati Uniti con missili a testata atomica, ma tale dichiarazione appare più dettata dalla propaganda che dal bellicismo di Kim Jong-un.
Allo stato attuale, quasi tutte le stime internazionali ritengono che gli unici Paesi effettivamente a portata di tiro dei nemici nordcoreani siano Corea del Sud e Giappone, che non scongiureranno certo tale minaccia con la strategia del completo isolamento del regime elaborata dagli americani.
Country Analyst de “Il Nodo di Gordio” e Analista CeMiSS