Alla fine del mese scorso, dopo circa sei mesi di esilio forzato, il Presidente dello Yemen Abd-Rabbu Mansour Hadi è rientrato, dall’Arabia Saudita, nel suo paese, ad Aden, città portuale del sud. Il suo ritorno è indubbiamente il risultato più concreto che la coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita sia riuscita a raggiungere finora, oltre ad assicurarsi il controllo della parte meridionale dello Yemen.
L’offensiva dell’esercito yemenita e dei combattenti lealisti, sostenuta dalle truppe della coalizione e lanciata il 13 settembre, finora sarebbe riuscita a mettere in sicurezza la capitale della provincia meridionale e a cacciare i ribelli dalle grandi aree di Marib.
Il controllo di Marib è visto come punto cruciale per riconquistare la capitale dello Yemen, Sanaa, e ripristinare il governo del presidente Abdrabu Mansur Hadi su tutto il territorio yemenita, impresa che al momento non sembra molto semplice. Secondo alcune informazioni riprese da Adn Kronos, il 16 ottobre ribelli Houthi avrebbero preso la provincia meridionale di Al-Bayda dopo due mesi di combattimenti contro le forze leali al Presidente Hadi, le quali si sarebbero ritirate a sud, nella provincia confinante di Abyan.
Intanto, le truppe di terra della coalizione, a guida saudita, oltre ad essere impegnate nel tentativo di spingere i ribelli nelle roccaforti Houthi, nel nord dello Yemen, sono costrette ad affrontare anche la minaccia dei missili balistici lanciati sulle proprie basi nel sud dello Yemen. A fronte di tale minaccia avrebbero dispiegato sistemi di difesa aerea Patriot per proteggere la propria base operativa avanzata nella provincia di Marib. L’impiego di tali sistemi rafforza le voci secondo le quali la base di Safir sarebbe stata colpita da un missile balistico a corto raggio OTR-21, Tochka, il 4 settembre, e rivendicato dal gruppo Ansar Allah.
La rivista Jane’s riporta che le immagini del 1° ottobre mostrano due unità di Patriot, ciascuna con un radar AN / MPQ-53/65 e due lanciatori, alle due estremità della pista di atterraggio presso la raffineria di Safir di Marib. L’installazione dei sistemi Patriot confermerebbe effettivamente l’esistenza di una minaccia missilistica per la base.
Nei mesi scorsi l’Arabia Saudita sarebbe stata oggetto di lanci di missili SCUD provenienti dallo Yemen, come quello avvenuto il 26 Agosto, nella provincia di Jizan, lanci comunque neutralizzati con missili Patriot. Anche in questo caso l’attacco è stato rivendicato dal gruppo yemenita Ansar Allah. Il 15 ottobre, secondo quanto riportato da Reuters le forze dei ribelli Houthi avrebbero lanciato un missile balistico come rappresaglia agli attacchi subiti da parte della coalizione a guida saudita in Yemen. La Televisione Al-Masirah avrebbe riferito che lo Scud, sarebbe stato lanciato su una base militare nei pressi della città di Khamees Mushait nel sud-ovest del paese. La zona è sede di una base aerea, la più grande nel sud dell’Arabia Saudita.
La minaccia missilistica dei ribelli Houthi, al momento, non sembra rappresentare un problema insormontabile per l’Arabia Saudita soprattutto in considerazione delle grandi risorse finanziarie a sua disposizione. Alla fine del mese di luglio il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti avrebbe dato la sua approvazione per una fornitura di missili ed equipaggiamenti Patriot Advanced Capability-3 (PAC-3) per il valore di 5.4 miliardi di dollari all’Arabia Saudita. Questa nuova versione andrebbe a modernizzare e sostituire gli attuali missili Patriot in dotazione ai sauditi, ormai obsoleti e di difficile manutenzione per la limitata disponibilità di parti di ricambio.
Elvio Rotondo
Country Analyst