Il framework di analisi strategica “Mediterraneo Globalizzato”, già introdotto in un articolo precedente, si concretizza nello studio delle interconnessioni esistenti tra tutti gli attori che giocano un ruolo nelle vicende del Mare Nostrum. L’analisi di queste interconnessioni e delle loro evoluzioni nel tempo consente di circoscrivere determinate “Dimensioni”. La prima e fondamentale interconnessione dove il Mediterraneo rivela la sua natura effettivamente “Globalizzata” è la Politica, ma verranno successivamente trattate anche quelle Economiche, Antropologiche e Militari.
Con il termine “Dimensione Politica” intenderemo, di seguito, l’insieme dei rapporti di forza tra Stati o entità che aspirano a tale status, quali il sedicente Stato Islamico. L’evoluzione storica mostra come dopo la “Pax Romana”, imposta con la violenza fino al 476 d.C., il bacino marittimo non abbia più conosciuto autorità in grado di esercitare l’egemonia sulle sue quattro sponde cardinali. Il mare, elemento di comunicazione e di scambio di merci e di persone fino al V° Sec., ritornò ad essere, nelle epoche successive, anche il principale luogo attraverso il quale si imposero gli interessi competitivi dei popoli, rivieraschi e non. Si pensi ad esempio, alla persistenza e alla grande rilevanza delle reti commerciali veneziane e genovesi del Medioevo, cui si sono sovrapposti senza soluzione di continuità grandi scontri navali e terrestri tra gli Imperi Cristiani e Islamici del tempo.
La ricerca di nuovi spazi terrestri e marittimi, alimentati dallo scontro tra popolazioni nomadi e stanziali, dal ruolo polarizzatrice delle grandi religioni e dalle tensioni nate nel centro dell’Europa, ha continuamente ridefinito i confini politici delle coste e dell’entroterra. Le Crociate, la Battaglia di Lepanto, l’espansione dell’Impero Ottomano, lo scontro di Aboukir, lo sbarco Alleato in Sicilia, fino a Unified Protector, sono solo alcuni tra le centinaia di esempi della instabilità e globalità intrinseche di questo mare. Il Mediterraneo, in definitiva, non ha mai conosciuto lunghi periodi di pace essendo ciò il corollario della persistenza di confini e dalla longevità di autorità con sovranità incontrastata. Con questa premessa pare difficile credere quindi che il futuro possa riservare qualcosa di diverso. Tutti gli Imperi che parevano essere stabili e durevoli (quasi eterni) nella loro epoca sono alla fine crollati per essere sostituiti da nuove forze ed energie provenienti spesso da luoghi lontani dal Mare Nostrum.
Nel corso dell’ultimo cinquantennio la Guerra Fredda ha visto contrapporsi attori, in parte esterni al Mediterraneo, che hanno affiancato e sostituito, dopo il 1945, i tradizionali egemoni (Regno Unito e Francia) presenti sin dalla fine del 18° secolo. L’Unione per il Mediterraneo di Nicolas Sarkozy e l’attivismo anglo-francese in Libia nel 2011 sono probabilmente i sintomi della ricerca, da parte delle potenze di un tempo, degli spazi politici perduti dopo la crisi di Suez nel 1956. La stessa Unione Europea può considerarsi un attore nuovo e globalizzante, che dovrebbe mettere a sistema, non senza difficoltà, risorse ed esigenze da Lampedusa alle porte del Mare del Nord.
La ricerca di dialogo e di sinergie, da parte dei paesi più sviluppati del bacino a favore di quelli delle sponde Meridionali e Levantine, ha dato vita nel corso degli ultimi trent’anni anni a numerose iniziative di partenariato politico, sociale ed economico della NATO, della UE e dell’OSCE[1]. Nonostante i lusinghieri risultati ottenuti in molto settori economico-sociali, la frammentarietà di questo quadro non agevola l’imporsi di una forte e rassicurante Leadership Regionale, ed ogni crisi rivela puntualmente come gli interessi particolari degli Stati la facciano ancora da padrone. Il ruolo di Turchia, Egitto, Qatar, Emirati, Francia, Regno Unito e Italia nell’attuale caos libico, e quello assunto da Francia e Germania nella crisi ucraina, dovrebbero far riflettere sul valore e sull’efficacia di alcuni forum internazionali.
Il Mediterraneo Globalizzato, in definitiva, si presenta oggi come uno dei teatri più dinamici, dove la politica internazionale sta sperimentando rapporti di forza e regole che potranno essere utili per gestire le relazioni internazionali del prossimo futuro. Un recentissimo esempio riguarda un nuovo attore che da pochi anni si è affacciato sul Mare Nostrum: la Repubblica Popolare Cinese. Le esercitazioni congiunte tra la V^ Eskadra Russa e le navi di Pechino, tenutesi nello scorso mese di maggio nelle acque dell’Egeo, confermano la volontà, da parte degli Stati con aspirazioni geopolitiche mondiali, di essere presenti sul palcoscenico marittimo[2] compreso tra Suez e Gibilterra. Non c’è da farsi molte illusioni sul debole ruolo mitigatore dell’ONU e sulla forza delle regole del Diritto Internazionale che non potranno, a lungo termine, scongiurare l’insorgenza di nuove tensioni, crisi politiche o scontri militari. La storia e l’attualità ci mostrano come il futuro ordine mondiale, nonostante la politica americana del “Pivot to Asia”, avrà di certo, e continuerà ad avere la sua prima rappresentazione in Mediterraneo. In questa rinnovata partita globale l’Italia, con la sua posizione baricentrica non potrà sottrarsi a giocare un ruolo da protagonista attivo e rilevante.
Manuel Moreno Minuto
Analista Militare
[1] Processo di Barcellona, Unione per il Mediterraneo, Dialogo Mediterraneo, Partnership for Peace e Istanbul Cooperative Initiative della Nato; Assemblea Parlamentare del Mediterraneo; Dialogo 5+5; Euro-Mediterranean Partnership e la Eastern Partnership della UE, ed infine l’iniziativa Mediterranean Partnership for Cooperation dell’OSCE. Cfr. http://www.osce.org/networks/111472
[2] Si richiama qui la frase attribuita al Cromwell: A British man-of- war is the best ambassador. Cfr. United Service Magazine and Naval & Military Magazine Part. III, London, 1836.