Entro il 2025 il 25% dell’energia argentina deriverà da fonti nucleari, a fronte del 10% attuale. Una crescita legata agli accordi raggiunti da Buenos Aires con Cina e Russia. Accordi politici, prima ancora che economici, hanno chiarito i governanti argentini: “Il barile di petrolio a 58 dollari è un prezzo politico, così come a 200 dollari; non è il risultato di domanda e offerta, bensì di una evidente manipolazione da parte di qualche Paese”. Ma l’intesa con Pechino e Mosca va oltre la realizzazione di centrali che ridurranno la dipendenza dagli idrocarburi e dalle speculazioni. Perché l’accordo prevede anche il trasferimento di tecnologia. Unico modo per garantire la sovranità anche in campo energetico. Ma – riporta il quotidiano argentino Pagina 12 – il processo di conquista dell’autonomia e della sovranità economica deve essere esteso anche agli altri settori industriali del Paese.
Perché l’attuale sviluppo, seppure frenato dall’ostilità degli Stati Uniti, ha creato occupazione rispetto ai periodi di crisi profonda del passato, ma non ha portato ad una adeguata crescita della qualità della produzione. Il valore aggiunto resta basso, la complessità delle produzioni è insufficiente. Il prezzo medio delle esportazioni argentine per manufatti di origine industriale si aggira intorno agli 806 dollari per tonnellata a fronte dei 2020 dollari per tonnellata dei prodotti importati.
Occorrono dunque investimenti mirati da parte non solo dei privati, ma anche del governo, per far crescere il comparto industriale, rendendolo più competitivo, con un maggiore valore aggiunto delle produzioni. L’attrazione di capitali dall’estero non si è rivelata una strada vincente. Le multinazionali che hanno aperto attività in Argentina non hanno garantito il trasferimento di tecnologia. Non hanno voluto condividere con gli argentini le informazioni alla base dei processi produttivi.
E, spesso, anche le lavorazioni effettuate nel Paese latinoamericano erano poco più di assemblaggi di componenti in arrivo dall’estero. Il che comportava anche un forte drenaggio delle finanze nazionali. Per questo si stanno studiando le modalità per un intervento che possa far crescere la qualità e la complessità delle produzioni locali. Investendo in ricerca, in innovazione, in professionalità. E stringendo accordi internazionali con partner disposti a condividere le informazioni sui processi produttivi e non solo sui prodotti finali.
Alessandro Grandi e Mauro Margoni