Nel 2014 più di 170 mila persone sono giunte in Europa partendo soprattutto dai porti della Libia. I Siriani costituiscono la maggior parte dei rifugiati, seguiti dagli Eritrei, in fuga da uno dei più repressivi regimi politici. Gli Stati mediterranei del Sud Europa, in particolare Italia, Malta e Grecia, costituiscono il punto di arrivo del lungo e pericoloso viaggio affrontato dai migranti. In particolare l’Italia e la Grecia, nel 2014, hanno visto aumentare rispettivamente del 277% e del 153% gli sbarchi di irregolari, un trend in ulteriore crescita in questi primi mesi del 2015.
Terminata nel novembre 2014 l’operazione marittima italiana “Mare Nostrum”, le imbarcazioni cariche di disperati hanno continuato a solcare il Mediterraneo, alimentando ulteriormente il mercato della “nuova tratta degli schiavi”. Gli avvenimenti degli ultimi mesi, con decine di persone che hanno trovato la morte in mare, ha indotto numerosi osservatori ad accusare apertamente i Governi dell’UE e le loro politiche quali responsabili di queste tragedie. L’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, Zeit Ra’ad Al Hussein, dopo l’ultimo tragico episodio del 19 aprile 2015, ha accusato l’Europa di essere la principale artefice della trasformazione del Mediterraneo in un enorme cimitero.
Il Consiglio Europeo straordinario del 23 aprile 2015, in risposta a queste accuse, ha disposto di triplicare i fondi per la missione Triton, un’operazione che peraltro, sino ad oggi, si è dimostrata inefficace sia a salvare vite umane sia a fermare gli scafisti. L’ altra decisione, la missione di polizia internazionale volta a colpire le basi e i mezzi delle organizzazioni di trafficanti, il cui mandato sulla fattibilità è stato affidato all’Alto Rappresentante Eu Mogherini in ambito Onu, ha ricevuto risposta negativa dall’Assemblea Generale.
Ogni tentativo per contrastare il traffico criminale di emigranti dalle coste della Libia deve essere realizzato alla luce di una grave crisi locale, che vede diverse parti in lotta e non disposte ad una mediazione costruttiva. Anzi, l’ingresso sulla scena libica dello Stato Islamico, ha ulteriormente aggravato il quadro politico, anche perché alcune delle fazioni in guerra sono esplicitamente implicate nei lucrosi traffici dell’emigrazione clandestina. In Libia l’Europa appoggia il governo di Misurata piuttosto che quello conservatore di Tobruk, che si considera come il legittimo governo della Libia, mentre definisce i rivoluzionari di Misurata come terroristi islamici. Al contrario nella regione l’EU è alleata con la coalizione araba che sostiene Tobruk nella lotta contro il terrorismo. Insomma, c’è una grande confusione. Per poter ottenere risultati positivi nella lotta all’emigrazione clandestina è necessario, quindi, che la politica dell’EU stabilisca una maggiore coerenza e un equilibrio tra i suoi obiettivi nella regione del Nord Africa e quelli libici, altrimenti qualsiasi progetto sarà inefficace.
La risoluzione del Parlamento europeo del 29 aprile 2015, integra le conclusioni del Consiglio Europeo, accrescendo sensibilmente il raggio di azione dell’operazione Triton, spostandolo sino alle 138 miglia marittime, arrivando alla stessa area dell’ex operazione italiana Mare Nostrum. Esorta inoltre ad un concreto impegno all’accoglienza mediante l’adozione di una serie di misure ispirate alla solidarietà ed a un’equa ripartizione dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri dell’UE.
La Commissione Europea ha infatti disposto di trasferire dall’Italia 24 mila persone e dalla Grecia 16 mila, in modo di distribuire equamente il peso dell’emigrazione che oggi grava quasi esclusivamente su alcuni degli Stati dell’Europa mediterranea. Questo provvedimento dovrebbe riguardare solo i richiedenti asilo giunti dopo il 15 aprile 2015 ed appartenenti alle nazionalità che hanno un tasso di riconoscimento nell’UE uguale o superiore al 75%, cioè siriani e eritrei.
I diversi Paesi UE dovrebbero garantire l’accoglienza ai migranti sulla base di un meccanismo di ripartizione che considera il Pil e la popolazione di ogni Stato, l’indice di disoccupazione dello stesso e gli sforzi sostenuti in materia di immigrazione. Il programma ha già incontrato l’aperta opposizione dei rappresentanti di Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, mentre altri Stati, tra cui la Francia e la Spagna, hanno manifestato forti perplessità, sostenendo il principio della libertà di decidere a quante persone garantire lo stato di rifugiato e quanti migranti accogliere.
L’Italia e la Grecia, a loro volta, dovranno garantire un’efficiente registrazione dei migranti giunti sul proprio territorio, secondo le linee guida proposte dalla Commissione europea.
Per combattere il traffico dei migranti, la Commissione ha inoltre preparato un piano di azioni da oggi al 2020, in particolare realizzare liste di imbarcazioni sospette e sviluppare la cooperazione e lo scambio di informazioni finanziarie al fine di bloccare i patrimoni delle organizzazioni criminali.
E’ certamente una lunga battaglia, che può essere vinta solo se l’UE riesce a programmare una politica unitaria, superando i tanti egoismi nazionali che sembrano prevalere ancora oggi e che, se non concretizzata, farebbe ricadere, in questo caso, l’onere dell’accoglienza sempre sugli stessi Paesi: l’Italia tra questi.
Antonciro Cozzi
Associate Analyst
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