Gli ultimi avvenimenti in Libano e nel Sinai egiziano gettano nuova luce – una luce fosca – sulle mire dell’Is e sulla metamorfosi in atto nel jihadismo islamico. Nel Sinai, secondo accreditate fonti del Cairo, sarebbe in atto una sistematica penetrazione di cellule dell’Is, al punto che le forze armate egiziane starebbero progettando una serie di raid aerei allo scopo di debellarle, prima che queste riescano a far lesiva sul malcontento diffuso fra i seguaci della Fratellanza Musulmana che contestano il colpo di stato con cui il generale al Sisi ha defenestrato il presidente eletto Morsi che di questa organizzazione era espressione. Ben più grave la situazione nel Libano, dove la penetrazione delle milizie dell’Is e ormai profonda e si segnalano combattimenti fra queste e l’esercito di Beirut. Nella regione della Bekaa infatti il Califfo potrebbe contare su numerosi appoggi nei villaggi sunniti, dai quali nei mesi scorsi sono partiti per la limitrofa Siria molti volontari che andavano a combattere contro il regime di Assad. Inoltre l’Is controlla i valichi tra questa regione libanese e la Siria e gode dell’appoggio dell’organizzazione jihadista al Nusra operativa nel Paese dei Cedri.
Inoltre si segnalano contatti fra il Califfato e i gruppi jihadisti libici organizzati da Ansar al-Sharia, che controllano Bengasi e la Cirenaica. Contatti che, per ora, sembrano non aver ancora portato ad un vero e proprio accordo, ma che dimostrano l’intento del Califfato di allargare quanto più possibile la propria influenza in direzione del Maghreb arabo, dove esiste una complessa e variegata rete di gruppi jihadisti diffusi, tra loro collegati ideologicamente, ma privi di un centro di comando comune.
L’impressione è che il Califfo stia cercando di espandere quanto più possibile la sua azione, divenendo il punto di riferimento e di coordinamento per tutti i movimenti jihadisti operativi nel mondo arabo sunnita. Alla vecchia rete di al-Qaeda – rete di coordinamento più che altro ideologico, non in grado di coordinare le azioni dei singoli gruppi sul territorio, che restavano auto cefali – si sta tentando così di sostituire una sorta di piovra proteiforme jihadista, centralizzata e coordinata nel comando politico-militare. Un salto di qualità della jihad che andrebbe osservato con la massima attenzione e che richiederebbe un coordinamento altrettanto stretto anche delle forze che contrastano l’espansione del Califfato. In particolare di quelle degli Stati arabi che non vogliono sottomettersi alle nere bandiere del Califfato.
Senior Fellow de “Il Nodo di Gordio”
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