L’indice di competitività regionale dell’Unione Europea? Completamente sbagliato. Ma, soprattutto, volutamente sbagliato per danneggiare l’Italia. L’atto di accusa, durissimo, arriva da Zeno Rotondi, responsabile Italy Research di Unicredit. Un atto di accusa pubblico, nel corso di una conferenza stampa di Unioncamere ed alla presenza del presidente nazionale degli enti camerali, Ferruccio Dardanello.
Secondo l’Ue, infatti, le regioni italiane sarebbero in fondo alla classifica europea come indice di competitività, con la Lombardia al 128° posto ed il Piemonte al 152° sul totale di 262 regioni europee. Eppure, ricorda Unicredit, quanto a valore aggiunto totale la Lombardia è in seconda posizione in Europa (alle spalle dell’Île de France), il Lazio in nona, il Veneto in dodicesima, l’Emilia Romagna in sedicesima ed il Piemonte in diciannovesima. Non cambia molto nella classifica del valore aggiunto per commercio, trasporti e turismo, con le stesse regioni nelle prime 20 posizioni. E lo stesso vale per la classifica del valore aggiunto per servizi finanziari e servizi alle imprese. Va persino meglio nella classifica per valore aggiunto della manifattura, dunque il settore che – nei commenti dei media italiani – ci vedrebbe maggiormente in difficoltà: la Lombardia è prima in Europa, il Veneto quarto, l’Emilia Romagna sesta, il Piemonte decimo e la Toscana diciottesima. Se poi si esamina la quota di esportazioni sul totale delle esportazioni mondiali, troviamo Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana nei primi 20 posti.
Non a caso, ha ricordato Dardanello, il marchio “made in Italy” continua a scalare posizioni ed è il secondo più conosciuto al mondo, alle spalle di Coca Cola.
Dunque come si fa a far retrocedere tutte le regioni italiane al fondo classifica? Semplice, utilizzando parametri assurdi, in modo sbagliato. Ad esempio si collocano cellulari e lettori cd tra i prodotti ad alta tecnologia, sebbene siano realizzati in serie e venduti dalla grande distribuzione. Mentre yacht di lusso e navi da crociera, nonché i macchinari automatizzati per imballaggio, finiscono nella categoria di medio-alta tecnologia, benché siano costruiti su misura e personalizzati.
Inoltre l’indice Ue non considera i beni culturali ed ambientali, il commercio estero, i turisti in arrivo dall’estero, la ricchezza immobiliare e finanziaria delle famiglie, la partecipazione di imprese alle filiere produttive globali. Tutti elementi e settori in cui l’Italia è ai primissimi posti. In compenso l’Ue scarica sulla competitività regionale elementi come il debito pubblico ed il deficit statale. Cioé i dati che ci penalizzano maggiormente.
Un caso? Unicredit non ci crede. E ritiene, corrattamente, che si tratti di una scelta precisa: gli investitori, prima di scegliere un Paese, utilizzano proprio queste classifiche. E penalizzare le regioni italiane significa favorire gli investimenti stranieri in altre regioni, in altri Paesi.
Alessandro Grandi