Il Premier turco, Recep Tayyip Erdogan, sembra sempre più intenzionato a portare Ankara nella Shangai Cooperation Organization (SCO) l’organizzazione che, al di là del nome, ha di fatto il suo quartier generale a Pechino, e comprende come membri effettivi, oltre alla Cina, la Russia, il Kazakhstan, l’Uzbekistan, il Kirghizistan, il Turkmenistan ed il Tagikistan, mentre India, Pakistan, Iran, Mongolia ed Afghanistan vi hanno accesso con il titolo di “osservatori”. Ad oggi la Turchia riveste, rispetto alla SCO, il ruolo di “dialogue partner”, come Bielorussia e Sri Lanka – ma Erdogan ha recentemente impresso una decisa accelerazione che dovrebbe portare il suo paese a divenir membro effettivo dell’Organizzazione di Shangai.
Infatti, il 25 Gennaio scorso, ha pubblicamente dichiarato che “la SCO rappresenta per la Turchia una valida alternativa all’Unione Europea” e, subito dopo, ha raccontato di aver detto al Presidente russo Vladimir Putin: “Fateci entrare nella SCO, e noi ci dimenticheremo della UE” Dichiarazione che sintetizza sia la delusione di Ankara per il protrarsi all’infinito del processo di integrazione nell’Unione Europea – soprattutto a causa della perdurante ostilità di Berlino e Parigi – sia il crescente disinteresse delle élite economiche e politiche per l’ingresso in un’area, quella dell’Unione europea, che sembra versare ormai in una crisi irreversibile. Laddove invece la SCO rappresenta per la Turchia un enorme mercato sempre più interessante. Già oggi, in effetti, il volume degli affari turchi con i paesi dell’area SCO rappresenta una voce estremamente importante e, soprattutto, in costante crescita, mentre quello con i paesi dell’area Euro sta subendo una costante contrazione/erosione.
Per altro l’interesse turco per la SCO appare determinato non solo da interessi economici, ma anche da altri issues squisitamente geopolitici. Avvicinarsi a Shangai significa anche stringere ulteriormente i già ottimi rapporti con Mosca e, soprattutto, con l’Unione Eurasiatica della quale l’altro pilastro portante è il Kazakhstan, paese turcofono e centro di equilibrio dell’Asia Centrale.
Certo, la SCO appare una realtà molto composita e complessa dal punto di vista politico, ed i paesi che, a vario titolo, vi partecipano sono divisi fra loro su molte questioni fondamentali. Tuttavia la Turchia vi vede, in primo luogo, la possibilità di un avvicinamento ulteriore con i paesi turcofoni centro-asiatici – che rappresenterebbe il proseguimento di una strategia pan-turca sempre viva chiunque governi ad Ankara – nonché la possibilità di ribilanciare i propri rapporti con un vicino importante ed ingombrante come l’Iran. Rapporti tesi per la recente crisi siriana – che vede Ankara e Teheran schierate su fronti diplomatici decisamente opposti – ma che il ministro degli esteri Davutoglu vuole cercare di riportare ad una normalità, in ossequio alla strategia “Nessun problema con i vicini”, teorizzata nel suo fondamentale saggio “La profondità strategica”, in cui ha delineato le linee fondamentali della nuova politica estera turca.
E’ naturale, certo, chiedersi che riflessi potrebbe avere l’ingresso di Ankara nella SCO sui rapporti turco-statunitensi. La Turchia è, non dimentichiamolo, un membro fondamentale della NATO: fondamentale sia per la forza del suo Esercito – il secondo dell’alleanza – sia per il suo storico ruolo di garante e sorvegliante del confine orientale del Mediterraneo. Un ruolo che, però, sembra ormai andare stretto ad Ankara, che, con la politica di Erdogan, sta cercando di conseguire una dimensione d’azione strategica ben più vasta.
Ambizione che è stata causa di un progressivo raffreddarsi dei rapporti con l’Amico Americano. Tuttavia, in questo caso, la reazione di Washington non è stata decisamente negativa; anzi, la portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland ha dichiarato, il 28 gennaio, a caldo che un’eventuale adesione della Turchia alla SCO potrebbe essere un fatto “interessante”. Anche perché gli Usa avevano chiesto di entrarvi come “osservatori”, ricevendo, però, un netto rifiuto, motivato su basi squisitamente “geografiche”. Pertanto, pur con molte cautele e perplessità, sembrano non vedere del tutto negativamente l’ingresso di un paese NATO, quindi loro alleato, come la Turchia nell’Organizzazione di Shangai.
Andrea Marcigliano