Verso la fine del III millennio, Sargon il Grande “lavò le sue armi nel Mare Superiore”, dando vita, secondo il filologo Giovanni Semerano, a “quel vincolo di fratellanza culturale che lega da cinquemila anni l’Europa alla Mesopotamia”, fissando così l’imprinting di una comune civiltà con il Mediterraneo al centro. Era sicuramente la costa del Libano, questo paese senza eguali che da sempre è l’anello di congiunzione tra Medioriente ed il continente a nord del Mediterraneo Orientale che Roma unificherà con le sue infrastrutture civili. I suoi marinai hanno veicolato il lievito madre della civiltà greco-romana.
Che luogo straordinario doveva essere Colonia Iulia Augusta Felix Berytus, i suoi postriboli e le sue bettole dove ancora si va trascinando Kavafis per dimenticare Tamide, quella fantastica di Rino Gaetano, chi parte per Beirut ha in tasca un miliardo, la dolcezza del vivere spezzata da una guerra crudele che ha distrutto insieme alla sovranità un’antica convivenza. Gli accordi di Ta’if del 1989 non potevano risuscitare quel sogno e fare da scudo alle fibrillazioni della vecchia mezzaluna fertile, mai sopite da quando Gertrude Bell e Thomas Edward Lawrence vi misero piede. Che malinconia rivedere la partenza nel 1984 del contingente militare italiano di pace tra le lacrime delle madri in ansia per il futuro dei figli. Per quell’Italia era palpabile nel febbraio 2005 davanti al feretro di Rafic Hariri l’affetto della gente comune, la presenza siriana era pesante e Tzahal non aveva ancora provocato la fortuna di Hezbollah.
L’esplosione del 4 agosto dello scorso anno è stata il drammatico rituale di un paese costretto a galleggiare in un’area geopolitica in cui precipita il khaos mediorientale. Il suo popolo però non si dà per vinto e memore della sua storia non cessa di battersi per quel sogno svanito.
Leggetevi il reportage dei nostri Lorenzo e Roberta, che ci onorano su IlTazebao raccontando ogni giorno quanto sia bello e vivo e ricco di civiltà quel mondo che cogliamo appena nei film di Nadine Labaki.
E viene così voglia di ritornare a Beirut, di lasciarsi alle spalle le superbe ruine e l’opere imbelli dei green pass, di ricominciare a sognare tra i profumi di Byblos ed i suoni e gli odori di Caramel, di immergersi nel mondo di Sherazade, come quel giorno che all’aeroporto in attesa della MEA ci siamo imbattuti in Laila Moraud che canta El Hob Gameel. È proprio vero che l’amore è una cosa meravigliosa…
La Redazione
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