Rodolfo Maria Salvi e Lorenzo Trufolo ne hanno parlato con il Prof. Massimo Sgrelli, direttore scientifico dell’Accademia del Cerimoniale.
Siamo ormai abituati a vedere in tv ministri degli Interni indossare felpe con nomi di città, come fossero ultrà sportivi, e ministri degli Esteri togliersi la cravatta e parlare a colletto slacciato, nel tentativo di “avvicinarsi alla folla”. Atteggiamenti non curanti del significato di rappresentare lo Stato, che necessita di tutto fuorché veder derisa la propria dignità istituzionale dai propri servitori. Ma al peggio non c’è fine: come utilizzare strumenti istituzionali per fini partitici, particolari o propagandistici; pagine istituzionali di social media che pubblicano e sponsorizzano “account privati” del funzionario. Nel veicolare il messaggio così sorge il dubbio, chi serve chi? La dicotomia ‘politica – propaganda’ si intreccia, si ribalta l’ordine portando la prima a servizio della seconda, in un contesto di perenne campagna elettorale e confusione.
In piena emergenza coronavirus, queste regole diventano tanto importanti quanto è più necessaria una comunicazione chiara, efficace e rispettosa delle istituzioni da parte dei vari funzionari politici. È triste e doloroso vedere i nostri medici in prima linea, mentre i loro rappresentanti mancano di tatto e rispetto arrivando a burlarsi delle stesse mascherine vitali e preziose per chi sta combattendo la battaglia contro l’epidemia.
Questione di educazione? Non proprio. Il comportamento formale da parte delle istituzioni è normato da una rigida grammatica, codificato in regole di rispetto dei valori che trascendono il colore politico e il singolo individuo per divenire celebrazione della storia, servizio dello stato, difesa delle istituzioni, nonché onore della nazione.
Per comprendere meglio un mondo tanto affascinante quanto complesso abbiamo consultato il professore Massimo Sgrelli, esperto italiano di comportamento formale ed istituzionale, per 15 anni direttore del cerimoniale per la Presidenza della Repubblica e oggi direttore scientifico dell’Accademia del Cerimoniale.
Le regole di marketing digitale sembrano ridisegnare il concetto di comunicazione politica, con il messaggio che ricerca l’ubiquità e l’immediatezza attraverso i social media. La propaganda sembra aver preso il posto della politica, e viceversa. Professore, crede che il cerimoniale svolga ancora una funzione chiave nel regolare la relazione tra politico e cittadino?
Le riflessioni qui poste circa il livello attuale delle formalità pubbliche mi trovano pienamente concorde. Constatiamo tutti che la dignità istituzionale stia subendo aggressioni fatali per le istituzioni, che rimangono sguarnite di ogni difesa dignitaria e degradate, spesso, al rango di soggetto commerciale sottoposto ad ogni tipo di concorrenza, con comportamenti che travalicano anche le regole della buona educazione oltre quelle del cerimoniale istituzionale.
Come giustamente rilevato, i social media esercitano una attrazione irresistibile anche per quelle cariche che dovrebbero rispettare canoni formali nei contenuti e negli strumenti. Infatti i linguaggi comunicativi correnti debordano ampiamente da ogni limite istituzionale e gli strumenti usati sono gli stessi dei soggetti privati, con forme che non distinguono il messaggio pubblico, adeguando il cittadino ad una comunicazione povera di contenuti e di forme.
Quindi il cerimoniale ha ampi spazi di intervento per ricordare che il comportamento, il linguaggio e la corrispondenza pubblica devono avere caratteristiche tali da attribuire dignità a chi li attua o li esprime.
Certamente ogni epoca ha il proprio stile e nessuno si sognerebbe di esprimersi oggi come ci si esprimeva nell’Ottocento. Quindi dobbiamo trovare le forme dell’attuale era storica, riconoscendo tuttavia che, in qualunque era, l’attività istituzionale e la sua comunicazione deve distinguersi da quella corrente se vuole ottenere un maggior rispetto. Infatti, se un Ministro parla come Mario Rossi al bar non otterrà un credito dignitario differente.
L’epidemia del Coronavirus viene spesso associata all’immagine delle guerra, avendo sconvolto le nostre vite e con esse l’agenda politica. In momenti di massima emergenza, crede che la politica debba mettere da parte il Cerimoniale per una comunicazione più agevole e diretta sia inter-istituzionale che con i cittadini?
Il Coronavirus ha prodotto uno sconvolgimento delle relazioni pubbliche e private inducendo una fase emergenziale che ha prodotto anche la modifica di alcuni canoni comunicativi e, soprattutto, concentrando l’attenzione su tematiche più essenziali. Apparentemente ciò potrebbe produrre la richiesta di una riduzione delle forme istituzionali, per concentrarsi sui contenuti, ma non è così. Anzi la dilatazione degli spazi e dei rapporti chiede di esaltare alcuni aspetti formali per renderli punto di riferimento, aggregante idoneo a superare le lontananze fisiche imposte. E la severità dei tempi deve indurre la politica a selezionare comportamenti più istituzionali per sottolineare la dignità di chi svolge compiti in questo momento ancora più essenziali alla gestione sociale. Del resto vediamo che perfino i cittadini hanno tirato fuori, in questa circostanza, le proprie bandiere tricolori per esporle sui balconi
In piena emergenza nazionale Palazzo Chigi ha affidato la propria comunicazione alle dirette Facebook del Presidente del Consiglio Conte. Non sono mancate le accuse di poca serietà visto il mezzo, la cadenza e gli orari scelti. Professore, ritiene che il senso di decoro e appartenenza alla istituzioni vengano lesi quando per comunicazioni di interesse nazionale sono preferiti canali extra istituzionali?
Abbiamo tutti notato che alcune comunicazioni del Governo sono avvenute con strumenti meno ufficiali. Effettivamente ciò non è opportuno. Ma forse qualche scusante possiamo addurla qualora si consideri che quelle comunicazioni avevano spesso carattere di emergenza e quindi la necessità di essere veicolate con strumenti più diffusivi per raggiungere la cittadinanza con la maggiore immediatezza. Rimane la regola che una autorità pubblica deve, fin dove possibile, esprimersi con eloquio istituzionale e con strumenti istituzionali. Alla opposizione è richiesto di manifestare, in tempi di crisi, carità di Patria per dimostrare di essere capaci di astenersi dall’utilizzare gli eventi per finalità politiche.
Circa la copiosità delle disposizioni fatte piovere sui cittadini italiani, ciò rientra nella nostra tradizione storica, avendo noi un numero di leggi e decreti abnorme. La fase emergenziale richiederebbe soluzioni semplici e chiare, ma in questa occasione non era chiara la situazione nel suo complesso, essendo originata da eventi assolutamente imprevisti e nuovi, che avevano andamento evolutivo.
Nel contrasto al Coronavirus, l’Italia non può prescindere dalla cooperazione internazionale tanto più da quella europea. Nel dialogo con l’Unione Europea, di cui si parla molto oggigiorno, crede che vada mantenuto un comportamento formale o che esso possa essere abbandonato in virtù della situazione emergenziale?
Nei rapporti con l’Unione europea, che oggi appaiono tesi, l’Italia deve dimostrarsi molto ferma, ma non può abbandonare le forme diplomatiche internazionali, altrimenti si porrebbe in una posizione di debolezza, esponendosi ad attacchi fondati su argomenti estranei ai temi di nostro interesse. Ma certamente la situazione emergenziale giustifica una fermezza più robusta rispetto al passato.
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