La morte, nei pressi di Damasco, di Mustafa Badreddine, il leader di Hezbollah che comandava le milizie del Partito di Dio libanese che combattono in Siria al fianco delle forze fedeli ad Assad, resta avvolta da una sorta di cortina di fumo. Di primo acchito infatti, fonti di intelligence avevano parlato di un raid israeliano che aveva finalmente regolato i conti con quello che veniva considerato uno dei più pericolosi comandanti dell’organizzazione armata degli sciiti libanesi; poi, però, un comunicato ufficiale di Hezbollah ha voluto specificare che Badreddine era morto per un colpo di mortaio sparato dalle milizie dei ribelli siriani contro cui stava combattendo. Dichiarazione che lascia intravvedere la volontà di “minimizzare l’accaduto” e, soprattutto, di evitare, per quanto possibile, di aprire in questo momento un nuovo conflitto con Israele.
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L’articolo di Andrea Marcigliano, Senior fellow de “Il Nodo di Gordio” continua su l’Opinione —> Tensione fra i Cedri