Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, sembrò che la super potenza uscita vincitrice dalla Guerra Fredda, gli Stati Uniti d’America, fosse destinata a dominare la politica e l’economia mondiale per molto tempo: superata l’era della divisione in blocchi, il pianeta sembrava essere divenuto un unico ‘villaggio globale’ che, a parte poche eccezioni, prosperava sotto l’egemonia statunitense. Finiti i contrasti tra le grandi potenze, si parlò addirittura di ‘Fine della Storia’.
La natura illusoria di tale percezione non tardò a palesarsi. Già all’inizio del millennio, nuovi contrasti emersero dalle ceneri della Guerra Fredda, primo tra tutti il terrorismo che, l’11 settembre del 2001, spazzò via per sempre la sensazione di essere entrati in un’era di pace e prosperità.
Fu in questo periodo che si cominciò a parlare di economie emergenti: di Paesi che, una volta relegati a ruoli marginali, cominciavano ad avere un forte peso economico e, di conseguenza, politico. In questi anni fu coniato il termine BRICS: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica.
Continua l’intervista a Marcello Ciola, Associate Analyst del Nodo di Gordio su l’Indro —> Quel che resta dei BRICS