Con Marco Cochi (Nodo di Gordio) analizziamo il rinnovato interesse italiano per il Corno d’Africa
I prossimi 11 e 12 ottobre, il Presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, si recherà in visita ufficiale in Etiopia ed Eritrea: si tratterà della prima visita ufficiale di un capo di Governo europeo nei due Paesi. Gli incontri con il Primo Ministro etiope, Abiy Ahmed Ali, e con il Presidente eritreo, Isaias Afewerki, erano stati preparati dai colloqui avuti tra i rispettivi Ministri degli Esteri durante l’ultima Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e seguono lo storico accordo tra Addis Abeba e Asmara, firmato lo scorso 16 settembre. L’accordo, di portata storica, metterebbe fine ad un conflitto durato, a fasi alterne, più di cinquant’anni, a partire dallo scoppio della Guerra d’Indipendenza Eritrea nel 1961.
Nelle intenzioni di Roma ci sarebbe il sostegno al nuovo corso politico che ha portato alla pace tra i due Paesi, ed una strategia volta ad ottenere appalti per la costruzione di infrastrutture nel Corno d’Africa ed a contrastare, tramite gli investimenti economici, il fenomeno migratorio. I dati del Ministero dell’Interno per il 2018 certificano l’arrivo di 2.233 eritrei sulle coste italiane: dopo i tunisini (2.946), si tratta della comunità più numerosa arrivata in Italia attraverso la rotta mediterranea (seguono i sudanesi, con 1.202); oltre a coloro che riescono ad arrivare in Italia, inoltre, bisogna contare che ogni mese, dall’Eritrea fuggono circa cinquemila persone. Il problema migratorio, dunque, è molto presente nell’area del Corno d’Africa ed è chiaro che è interesse dell’Italia e dell’intera Unione Europea agire per arginare il flusso di profughi: si tratterà, in ogni caso, di interventi a lungo termine.
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