“Ieri, il gruppo jihadista somalo ha dimostrato di essere ancora in grado di organizzare e portare a compimento attacchi su vasta scala nel cuore della capitale keniana”
14 morti e l’eliminazione di tutti i terroristi, dopo quasi 20 ore di assedio delle forze di sicurezza: questo è il bilancio dell’ennesimo attentato al complesso Dusit D2 di Nairobi a firma al Shabaab, che in Kenya aveva già lasciato una scia di sanguemolto grave. Un portavoce di al-Shabaab aveva rivendicato l’uccisione di 47 persone.
Bilancio delle vittime a parte, quel che davvero resta è la minaccia rappresentata dal gruppo jihadista nel Paese e in tutta l’area circostante. Con Marco Cochi, docente presso la Link Campus University e analista del think tank ‘Il Nodo di Gordio‘, proviamo a fare il punto sulla salute del movimento e sulla sua capacità di sconvolgere Paesi già politicamente deboli.
‘Tutto cominciò a Nairobi’ è il titolo del suo recente libro sui movimenti jihadisti che tengono sotto scacco l’Africa. Ci può parlare di questo inizio? in particolare in riferimento a al-Shabaab