L’emergenza profughi non è una novità di questi giorni, ma un pesante portato della fine della Guerra Fredda. Il problema delle enclave e i conflitti etnici nelle Repubbliche ex-sovietiche. L’esempio dell’Azerbaigian che ha saputo accogliere ed integrare una massa di profughi pari ad un settimo della sua popolazione
L’emergenza drammatica rappresentata da centinaia di migliaia di migranti che risalgono lungo la dorsale balcanica in direzione dell’Europa Centrale e, in particolare, della Germania, ha risvegliato l’attenzione dei Media occidentali su uno dei maggiori problemi che travagliano il mondo dalla fine della Guerra Fredda: quello dei profughi, costretti a lasciare le loro sedi originarie da sanguinosi conflitti civili e da sistematiche pulizie etniche.
Migranti in attesa di un bus al confine tra l’Austra e la Slovenia
Problema che la crisi siriana ha solo reso evidente ai nostri occhi per troppo tempo distratti, ma che di fatto sussiste sin dall’inizio di questa nuova era, che si era aperta, dopo il crollo del Muro di Berlino, con l’illusione della pace e della fine di tensioni e conflitti. Era della, cosiddetta, Globalizzazione che, non vedendo ormai più il confronto/scontro tra due grandi potenze, sembrava avviarsi a realizzare il “migliore dei Mondi possibili”, come sognato dal dottore Panglosse del Candido di Voltaire e come teorizzato, agli albori degli anni ’90 del secolo scorso, da Francis Fukuyama nel suo famosissimo saggio “La fine della Storia e l’Ultimo Uomo”. Clamoroso errore – ormai riconosciuto come tale dallo stesso politologo nippo-americano – dato che, ben presto, ci si è dovuti rendere conto che questo Nuovo Mondo era decisamente più pericoloso ed instabile di quello dei lunghi decenni di Grande Freddo fra Washington e Mosca.
[…]
Continua la lettura dell’articolo a cura di Anrdrea Marcigliano, Senior Fellow, de “Il Nodo di Gordio” per Ilgiornale.it -> Inserire i profughi? A volte si può