di Toğrul İsmayıl
L’importanza geopolitica posseduta dalla regione Ponto-caucasica, le sue risorse energetiche, la sua compagine etnica, così come la sua ricchezza culturale, hanno sempre attratto, nel corso della storia, l’interesse di grandi forze e ancor oggi continuano a catalizzare l’attenzione di USA, UE, Russia e Turchia, nonchè quello di altre potenze regionali.
Sta di fatto dhe questa regione, attualmente, è diventata un corridoio di comunicazione sia per sicurezza fra oriente e occidente, sia per le problematiche inerenti alle questioni energetiche. Conseguentemente, l’usufrutto comune di gas e di petrolio eurasiatico, nonchè il suo trasferimento verso i mercati occidentali hanno accresciuto l’importanza della regione.
Peraltro, la regione, viene a trovarsi in una posizione che la rende attualmente detentrice di una rilevanza crescente per il fatto di assumere un’ubicazione nevralgica ai fini della sicurezza europea, atlantica ed eurasiatica. Essa costituisce uno spazio di diversità non solo geografico, ma anche politico, economico, oltre che inerente sia alla sicurezza che alla cultura.
E la sicurezza della regione altro non è se non un prodotto della sua percezione differenziata posseduta da parte dei Paesi che si affacciano sul Mar Nero.
Fatto sta che, mentre alcuni di questi Paesi trovano una loro colocazione all’interno delle strutture deputate alla sicurezza europa e nord-atlantica, altri, condividono la medesima agenda delle forze regionali.
Del resto l’espansione della UE e della Nato, la crescente dipendenza energetica della UE verso la Federazione russa e sullo sfondo di ciò, il crescente interesse verso il Caspio, hanno orientato l’attenzione dei centri della sicurezza internazionale, verso la regione Ponto-caucasica.
Durante il processo di disgregazione dell’Unione Sovietica, per motivi storici, giuridici, politici e geopolitici, soprattutto in Caucaso si sono avvicendati vari conflitti etnici. Lotte scaturite da questioni territoriali, hanno istigato incomprensioni ed influenzato negativamente la sicurezza della regione Ponto-caucasica. Mentre la soluzione dei conflitti durante gli anni novanta, la procrastinazione dei “cessate il fuoco” ed i negoziati, hanno cominciato, a partire dagli inizi del corrente decennio, a portare queste loro latenti rivendicazioni fra le priorità dell’agenda dei rispettivi governi.
Un esempio è l’operazione bellica dell’agosto 2008, condotta dalla Georgia nei confronti dell’Ossezia meridionale, che ha infuocato uno di questi conflitti congelati. Dall’altra parte, l’eventualità di guerriglie locali analoghe a quella del Karabakh, continuano ad affiorare, basti pensare alle questioni fra Georgia ed Abkhazia, oppure fra Azerbaigian ed Armenia.
Ma altresì a questioni strategiche, come quella inerente al riconoscimento da parte della Federazione russa, dell’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale, che ha reso problematico il terreno della percezione internazionale circa il diritto e la sicurezza.
Del resto le richieste energetiche da parte degli attori mondiali costituiscono oggi, senza alcun dubbio, l’elemento più saliente che riguarda le relazioni internazionali. Ed il mondo segue le evoluzioni degli stati che si trovano sui corridoi di passaggio delle fonti energetiche e del loro collegamento con il mercato mondiale allineandosi al paradigma della competitività.
Una di queste aree è proprio la regione caucasica, detentrice del più importante punto d’accesso della Federazione russa, massima prodruttrice mondiale di gas naturale e di petrolio, verso i mercati mondiale.
Guardando al bacino caspico secondo una prospettiva quantitativa delle fonti, che seppur inferiori alle riserve mediorientali – in proiezione fino al 2050 – per il solo fatto di costituire una seria altrenativa, un fattore di indipendenza rispetto agli attori globali, nonchè un nesso con l’egemonia globale sulla regione, esse possiedono una rilevanza a livello internazionale.
D’altra parte le fonti energetiche caspiche, essendo situate al centro del raggio d’influenza di potenze regionali come la Russia, la Cina, l’Iran e l’India, tendono a disturbare le politiche energetiche sia degli USA che della UE. La richiesta prioritaria dell’Occidente, oggi si pone nella direzione di un’accesso veloce e facile al mercato mondiale delle fonti energetiche regionali.
Una conseguenza di quest’approccio sono per esempio, i progetti Baku-Tiblisi-Ceyhan e INOGATE, a fianco dei quali, negli ultimi tempi si sono affiancati prospetti come ad esempio quello trans-afgano, verso cui ammicano Russia e Iran. Mentre il progetto Nabucco riassume le aspettative geografiche eursiatiche dell’Occidente. E mira ad aprire un punto d’ingresso, da parte del mercato mondiale, fra Mar Nero, Caucaso e queste fonti.
Il vertice di Kazan, la questione dell’alto Karabagh e la strategia energetica azera
A fianco degli eventi riguardanti il Medio Oriente e la Siria che sono sotto i riflettori, in questi giorni, nella città di Kazan in Russia, si è svolto il terzo importante vertice relativo alla questione dell’Alto Karabakh. Un meeting al quale hanno partecipato il presidente russo Dimitri Medvedev, il presidente azero Ihlam Aliyev e quello armeno Serzh Sarkisyan, mentre la Turchia ha osservato l’evento in qualità di Paese confinante con la regione caucasica.
Questa iniziativa russa, è stata portata avanti con l’appoggio attivo degli USA interessati algruppo di Minsk legato all’OSCE e la Francia. Tuttavia 3 ore di colloqui non sono state sufficienti per raggiungere un accordo. Secondo la stampa russa, Medvedev ha contribuito alla non riuscita di questa situazione e ha fatto sapere alle parti che “nel caso non avessero formulato una promessa per la sottoscrizione di accordarsi circa il precedente schema, avrebbe cercato di farli incontrare ancora una volta”.
La verità risiede nel fatto che le due parti non possiedono una forte volontà di trovarsi su una linea comune nè di offrire compromessi reciproci. Pertanto i negoziati protrattisi da anni non procedono. Ed in ciò, ovvero nello sforzo di far accettare al proprio popolo la comprensione degli elementi in campo, così come nel mancato coraggio di manifestarlo, v’è la chiara dimostrazione, da parte di entrambi i leader, di dissimulare forti apprensioni in ambito di politica interna.
Sebbene la parte armena, non si trovi perfettamente a suo agio nel mantenimento dell’attuale situazione, ovvero dello status quo in Karabakh, nonostante ciò, persevra nell’occupazione della regione. Mentre l’Azerbaigian, indignato per la questione della perdita dei territori e della questione dei profughi, attende una pronta retribuzione. In tale sitauzione il pericolo è quello che giunti al punto di infrangere le speranze di pace, la spasmodica ricerca di espedienti, consideri inevitabile perfino la guerra. E in questo momento, nella regione, l’eventualità meno auspicata e più temuta è proprio questa.
Pertanto le conseguenze della politica estera agressiva, portata avanti dall’Armenia nella regione, è quella di risultare un Paese isolato. Oltre ai molteplici problemi interni, trovandosi a sobbarcare anche quelli etnici, dovuti alla prossimità con l’Azerbaigian, essa attraversa tempi difficili. Priva di sbocchi sul mare e legata alle realtà portuali turche, è coartata dalla Turchia all’utilizzo di corridoi aerei.
Nonostante tutto ciò, per quanto riguarda l’evoluzione delle relazioni con Turchia e Azerbaigian, non essendo un Paese troppo attivo, ostenta una politica estremamante svantaggiosa. Infatti, non potendo l’amministrazione armena ignorare l’occupazione dell’Alto Karabakh, viene ad autoescludersi dalla partecipazione alla pipline Baku-Ceyhan perdendo un’occasione storica che le si presenterebbe.
Mentre l’Azerbaigian, oltre a possedere una posizione economica dovuta alla presenza delle pipeline, è un paese che possiede altresì una rilevanza politica.
Quindi, l’Armenia è esclusa dagli ingenti progetti energetici regionali di cui benenicia l’Azerbaigian, il quale utilizza la tutto il proprio potere energetico rivalendosi nei confronti dell’Armenia.
L’Armenia attraverso l’occupazione dei territori apparteneti all’Azerbaigian, rimane esclusa da importanti fonti economiche ottenendone un dannno per la propria economia.
La posizione della Turchia e la competizione regionale
Evoluzioni e mutamenti della situazione in Caucaso interessano direttamente la Turchia. Questo perchè le terminazioni delle pipline ubicate in Caucaso passano sul terriorio turco. Di recente, nel giugno 2009 , assieme alla sottoscrizione per gli oleodotti: Tracea, Inogate e Baku-Tiblisi, l’occidente ha avallato anche il progetto intercontinentale Nabucco.
Questi progetti finalizzati a collegare l’Europa con le fonti energetiche del bacino caspico attraverso la Turchia, sono progetti la cui attuazione presenta non poche difficoltà. Non è, infatti, verosimile asserire che la Russia rimanga silente riguardo a tali possibili evoluzioni nella regione caucasica.
Essendo interessata a realizzare un monopolio sulle fonti energetiche, specialmente quelle di gas naturale, essa ambisce ad esercitare un controllo totale sugli oleodotti che collegheranno queste fonti. In relazione a ciò, la sua risposta al progetto Nabucco è la realizzazione della rete Blue stream.
La competizione energetica nella zona del Mar Nero e del Caucaso pone la Turchia in una posizione centrale e dietro alle quinte della sottoscrizione del progetto Nabucco, la visita di Putin in Turchia affidava, all’agenda energetica alquanto consistente rispetto ai risvolti politici e nella direzione degli accordi, al Mar Nero uno spazio non inferiore a quello del Caucaso. Questo dimostra come, oltre alla sottoscrizione dei due progetti, esista una rilevante sensibilità per gli equilibri strategici della regione.
Ma da un punto di vista turco, nonostante la centralità di tutti questi aspetti, trovandosi il Paese sulle vie di transizione dell’energia, la domanda fondamentale che si pone riguarda il profitto che ne può trarre. E proprio l’asserzione tout court di trovarsi sulle vie di transizione, indica alla Turchia niente più di una vaga valutazione interpretativa di carattere meramente geopolitico.
Del resto, la definizione che la penisola anatolica viene ad assumere di “Ponte di transito” riflette la medesima passività. Se la Turchia, infatti, ambisce ad esercitare un ruolo attivo, questa funzione di “ponte di transito” delle pipeline, non le può arrecare alcun beneficio reale al di fuori di qualche tassazione per l’utilizzo.
Ed i prossimi mercati di gas naturale o di petrolio, rivestiranno un’importanza soprattuto per il loro stoccaggio e la loro distribuzione verso il mercato interno.
Dopo la Federazione russa, nella regione, la Turchia è la nazione che possiede la maggiore forza sia economica che militare, ma nel contempo, essa rappresenta un Paese dotato di un sistema sia politico che culturale che meglio può integrarsi con l’Occidente.
Di certo essa necessita di costruire nonchè di praticare nuove politiche in Caucaso meridionale, che siano foriere di importanti evoluzioni, poichè la Turchia si trova in una posizione strategica fondamentale, di possibile attore unico regionale ed interlocutore privilegiato con la Federazione russa, gli USA e la UE.
Conclusioni e proposte
I conflitti congelati, la regione Ponto-caucasica, le relazioni Russia-occidente, il flusso energetico Oriente-occidente, così come la prossimità con il Medio Oriente e la regione caspica, costituiranno una delle questioni cruciali dell’agenda internazionale nei tempi a venire. Pertanto dietro alla recente crisi dell’agosto 2008, che ha influenzato la stabilità regionale, il dibattito circa la sicurezza nella regione Ponto-caucasica, ha condotto alla necessità di sviluppare proposte di risoluzione comuni così come una prospettiva regionale
Quindi bisogna:
• Coinvolgere l’opinione pubblica, la comunità accademica e rappresentanti della comunità civile
• Dare priorità alla costituzione di una propria sicurezza ponto-caucasica nonchè stimolare un particolare dibattito in merito e avanzare proposte e proiezioni
• Rafforzare la comunicazione fra varie autorità con stati della regione schierati in questa direzione e con attori attivi esterni,
• Partecipare allo sviluppo di aperture al dialogo per implementare la cominicazione e le relazioni diplomatiche,
• Partecipare agli sforzi per la stabilità e la collaborazione nella regione Ponto-cucasica