Aliyev sollecita la comunità internazionale ad intensificare la pressione contro l’Armenia
Azerbaijan e Armenia si trovano nuovamente ai ferri corti scambiandosi accuse per lo scontro a fuoco avvenuto sul confine del Nagorno-Karabakh durante il quale sono rimasti uccisi tre soldati armeni e due azeri. Si tratta solo dell’ennesimo episodio di violenza esplosa per il territorio azero conteso, ma rivendicato da Yerevan essendo a maggioranza armena.
Il Nagorno-Karabakh, tra il 1988 e il 1994 si è trovato coinvolto in un conflitto tanto cruento da produrre almeno 30mila morti e centinaia di migliaia di profughi. E sebbene la tregua in atto fin dal 1994 abbia cessato le ostilità, non ha messo fine alla disputa per il territorio. Il processo di pace, nonostante gli sforzi della comunità internazionale, sta segnando il passo. E come da prassi ormai consolidata, la voce di Yerevan si è fatta subito sentire attraverso il Ministro della Difesa armeno Seiran Oganian il quale ha smentito ogni responsabilità, da parte dell’Armenia, nell’attacco accusando le forze di Baku.
La reazione del Presidente azero Ilham Aliyev è stata quella di invitare la comunità internazionale ad intensificare la pressione contro l’Armenia, artefice dell’occupazione del Nagorno-Karabakh e sette distretti adiacenti. Territori storicamente azeri ma che si trovano, da quasi due decenni, sotto occupazione armena, sfidando il diritto internazionale, che non ne ha mai riconosciuto l’indipendenza.
Anzi, “Il Nagorno-Karabakh è riconosciuto dalla comunità internazionale come parte integrante dell’Azerbaijan, – ha dichiarato il leader azero – questo significa che qualsiasi soluzione della questione è da considerarsi come un affare interno dell’Azerbaijan sul quale nessuna forza esterna può interferire”. Quindi il Presidente, ha espresso l’auspicio che l’annosa disputa sia risolta nel rispetto dell’integrità territoriale del Paese e del diritto internazionale. L’ambasciatore dell’Uzbekistan Ismatullah Irgashov, in visita a Baku in questi giorni, ha detto che l’Azerbaijan è stato uno dei garanti essenziali della stabilità e dello sviluppo dinamico della regione del Caucaso meridionale, definendolo un esempio di tolleranza religiosa e di dialogo tra le civiltà.
Ma chi è veramente Ilham Aliyev? Descritto a tinte fosche dalla stampa occidentale come uno dei tanti neo-satrapi locali, Perviz Sadayoglu, pubblicista di Yeni Azerbaycan, invece lo definisce un leader che è riuscito a risolvere i problemi del paese ristabilendone l’economia. Mentre un giornalista turco di Turksolu (La sinistra turca) Huseyin Adiguzel, delinea un ritratto così lusinghiero di Aliyev da non dissimulare la propria spiccata ammirazione per il presidente azero.
“Dopo la vittoria elettorale del 2003 Ilham Aliyev – scrive – è stato prescelto alla presidenza dell’Azerbaijan. Per chiunque si fosse seduto sullo scranno del potere precedentemente detenuto da Haydar Aliyev (il padre) fondatore dello stato azero, sarebbe stato come sottoporsi alla prova del fuoco e Ilham Aliyev è stato il primo a farlo”. L’acume politico e le eccezionali doti di statista di Ilham Aliyev hanno permesso la transizione dell’Azerbaijan verso uno stato moderno. Egli – continua – ha posto fine all’estenuante guerra contro gli armeni, giungendo a una cessazione delle ostilità. Quindi attraverso una politica estera equilibrata e pluridirezionale, ha salvaguardato i diritti dello stato azero presso le istituzioni internazionali più prestigiose. Ha presieduto alla realizzazione di colossali opere come gli oleodotti, Baku-Tiblisi-Ceyhan, Baku-Supsa e Baku-Novorossisk. Di conseguenza attirando l’attenzione del mercato internazionale verso il petrolio azero, in un momento di depressione ha incrementato le entrate dello stato, innalzando gli standard di vita della gente e rivitalizzato l’economia. Ed ancora, attraverso riforme sociali, economiche e politiche, ha inserito la repubblica dell’Azerbaijan, che era un residuo dell’ex omonima Repubblica Socialista, nel club delle nazioni moderne. Ha saputo instaurare relazioni costruttive con tutti, rivolgendo un’attenzione di riguardo alle nazioni turche. Inoltre, come fiore all’occhiello del suo mandato, ha fatto accettare al resto del mondo l’indipendenza dello stato azero. Pertanto, un’immagine appropriata per un leader così carismatico è – secondo Adiguzel – quella di: trionfatore della prova del fuoco.
Per quanto riguarda la controparte ovvero l’Armenia, diciamo che i voltafaccia di cui si è resa protagonista negli ultimi tempi, sono oramai proverbiali. Tant’è che profeticamente Enes Cansever, opinionista del quotidiano azero Zaman, a proposito del match calcistico turco-armeno avuto luogo nel settembre 2008, voluto dal Presidente armeno che da lì a poco avrebbe avuto luogo nella capitale del Paese caucasico, commentava affermando che quest’invito altro non fosse altro se non un escamotage celante una qualche forma d’insidia.
A dimostrazione di ciò nel gennaio scorso si era svolto a Sochi un vertice trilaterale fra il Presidente azero, Ilham Aliyev e quello armeno, Serzh Sargsyan, sotto la regia del Presidente russo, Dimitrj Medvedev, atto ad approfondire il dialogo tra Baku e Yerevan sul conflitto del Nagorno-Karabakh.
E mentre, il Presidente azero attribuendo la priorità al principio dell’integrità territoriale dell’Azerbaijan, dichiarava che le forze d’occupazione armene dovevano lasciare il territorio, garantendo la possibilità per le due popolazioni, l’armena e l’azera del Karabakh, di vivere in autonomia all’interno di un’entità statale azera. Il Ministro degli Esteri armeno, Eduard Nalbandyan, replicava che l’Armenia non si sarebbe ritirata dalle sue posizioni. Peraltro che l’Armenia non disponga della buona volontà per risolvere il conflitto lo dimostra il suo recente atteggiamento nei confronti dell’altro Paese storicamente ostile, la Turchia. Infatti, in margine alla Conferenza sulla Sicurezza nucleare svoltasi a Washington, l’aprile scorso, il Premier turco Recep Tayyip Erdogan aveva fissato un colloquio bilaterale con il Presidente armeno Serzh Sargysyan riguardo alla questione dei Protocolli sottoscritti con Armenia, il 10 ottobre dell’anno precedente, inerenti alla normalizzazione delle relazioni fra i due Paesi. Tuttavia il Presidente armeno, esprimendo la volontà di non accettare qualsivoglia precondizione, sceglieva una location altamente simbolica per tenere il suo discorso dinnanzi alla stampa: il Monumento di Woodrow Wilson, il Presidente antesignano del neoconservatorismo statunitense. Wilson era assertore di un’Armenia allargata che sarebbe dovuta scaturire dal trattato di pace sottoscritto fra Impero Ottomano e le Potenze alleate della Prima Guerra Mondiale, il Trattato di Sèvres (10 agosto 1920). Un documento che, fra le altre cose, nella visione wilsoniana, avrebbe assegnato all’Armenia la parte del territorio orientale dell’attuale Repubblica di Turchia. Un atto di ossequio, dunque, al propugnatore di una Grande Armenia, al nazionalismo di questo Paese e simultaneamente uno sfregio alla proposta di normalizzazione avanzata da Erdogan che la dice lunga sulla buona fede, da parte armena, di pervenire ad un accordo. Infine, a dispetto dei vari tentativi di riconciliazione da parte turca fra Armenia e Azerbaijan, interlocutore indispensabile quest’ultimo per una normalizzazione a tutti gli effetti, si è dichiarato scettico sul ruolo positivo della Turchia nel processo di pace del Nagorno-Karabakh. In sintesi una situazione che nella cornice degli equilibri internazionali difficilmente può trovare una via d’uscita.
Ermanno Visintainer