Alberto Fabio Ambrosio Dervisci.
Storia, antropologia, mistica Carocci,
Roma, pp. 190, € 16,00
“Voglio vederti danzare come i dervisci tourners
che girano sulle spine dorsali
o al suono di cavigliere del katakali
e gira tutt’intorno la stanza mentre si danza, danza”
Franco Battiato
Dei versi questi, che, trascinandoci nell’ebbrezza vorticosa dalla canzone al contempo ci proiettano nelle pagine di quest’avvincente libro. Un autore, Battiato, ivi citato per le numerose allusioni ai dervisci presenti nei testi delle sue musiche. Come del resto, Gabriele Mandel, grande esegeta del sufismo, e altre celebri quanto mutuamente stridenti personalità di ieri e di oggi, fra cui Edmondo De Amicis, Rudolf von Sebottendorf e Georges Ivanovič Gurdjieff, et alia. Unanimemente, in qualche modo ammaliati dal fascino del semâ, la danza estatica dei dervisci mevlevî.
Alberto Fabio Ambrosio, membro dell’Istituto domenicano di Istanbul, è uno specialista di storia del sufismo ottomano. Ricercatore e docente presso vari Istituti universitari in Italia e all’estero. Artefice di svariate pubblicazioni inerenti al tema.
Il volume rappresenta, come dice il titolo stesso, un’analisi puntuale ed esaustiva, sotto il profilo storico, antropologico e mistico di Mewlânâ Jalâl ad-Dîn Rûmî (1207– 1273), poeta persiano d’Anatolia, e della sua confraternita mistica o tarikat, la Mevleviyye.
Una caratteristica del successo e dell’attrattiva esercitata da Rûmî anche al di fuori del mondo islamico, scaturisce proprio dall’universalità e dalla polisemanticità del suo messaggio. Similmente alla sua poesia in cui, come scrive l’autore stesso, il tutto è contenuto nella parte, nel segmento:
Ogni emistichio di ciascun verso ha la caratteristica di essere di senso compiuto e questa particolarità giustifica il fatto che si trovino citati semplici versi fuori dal loro contesto, in grado di comunicare un’immagine o un contenuto con un forte impatto emotivo.
L’intera produzione poetica di Rûmî esonda, tracima di nostalgia cosmica per la propria pienezza ontologica e di anelito ineffabile ed anagogico verso l’Assoluto.
L’Uomo di Dio è, senza vino, ubriaco,
l’Uomo di Dio è, senza cibo sazio.
L’Uomo di Dio è pazzo e stupito,
l’Uomo di Dio non mangia e non dorme (…)
L’Uomo di Dio è oltre fede e non fede,
l’Uomo di Dio è oltre il male e il bene (…)
Un linguaggio, come si può evincere da questi alcuni versi tratti dal libro di Ambrosio, autenticamente metastorico, per certi aspetti profetico, nel senso che, oltre alla travolgente intensità emotiva degli enunciati, proprio in virtù di questa sua summenzionata caratteristica, tramite associazioni lessicali e reminiscenziali, suggerisce al lettore assonanze con una certa sensibilità moderna e tradizionalista di concepire il sacro.
In altre parole, un linguaggio, che pur utilizzando immagini concrete, tangibili, anziché storicizzarle le assolutizza quali avvenimenti appartenenti ad un illud tempus. Quindi non a uno zamân âfâqî, un tempo orizzontale, cronologico – per usare delle categorie mutuate dalla mistica persiana – bensì ad uno zamân anfosî, un tempo interiore, sovrasensibile. Quel tempo del rûz-i elest, ovverosia del giorno prima d’ogni giorno, il giorno del patto pre-temporale fra Dio e gli uomini, detto così allorquando essi, dinnanzi alla Sua domanda, contenuta nella VII sura: “Alastu bi-Rabbikum” (Non sono Io il vostro Signore?) essi risposero “bala shahidna!” (sì, noi lo attestiamo!).
L’opera di Ambrosio analizza, con competenza e dovizia di particolari, ogni possibile aspetto della vita di Rûmî e dei suoi eredi spirituali fino alla loro sincope, voluta dal kemalismo e coincidente con l’avvento della Repubblica di Turchia nel 1923, proseguendo fino ai nostri giorni.
Una tematica che traspare in varie parti del libro è quella della tolleranza verso le altre forme di religione, che come puntualizza l’autore, affascina l’uomo contemporaneo, il quale “sente di far parte di una profonda e indicibile esperienza religiosa, lontano da categorie di verità dogmatiche”. “Rûmî e i mevlevî hanno sempre intrattenuto buoni rapporti con i religiosi cristiani” – aggiunge – e il pensiero di questo mistico “può fornire gli elementi filosofici per la fondazione della tolleranza nell’Islam, per la condanna della persecuzione per motivi religiosi e garantirebbe inoltre il diritto alla conversione”. Un testo, quindi, che integra delle argomentazioni costruttive al tavolo del dialogo globale interreligioso. Una lettura che rappresenta un imperativo categorico per quanti volgano lo sguardo in questa direzione.
Ermanno Visintainer