Lo scorso anno è stato davvero intenso per la flotta del nord. Il Ministero della Difesa riporta che nel 2017 la marina russa, nella parte settentrionale del paese, ha eseguito più di 300 esercitazioni lanciando più di 200 missili e razzi. Le attività addestrative, 213 esercitazioni a fuoco con missili, sono aumentate di un terzo dal 2016. Secondo le dichiarazioni della flotta, i sottomarini russi avrebbero anche attraversato le nuove acque nell’Oceano Artico. L’agenzia di stampa, TASS, riporta inoltre, che nel 2017, le unità della Flotta del Nord hanno svolto circa 4.700 attività di addestramento al combattimento, più della metà di questi riguardanti l’uso pratico di armi.
Nel corso delle missioni missilistiche dello scorso anno, due sottomarini strategici a propulsione nucleare hanno lanciato missili balistici: il primo, in servizio con la Flotta del Pacifico, ha lanciato una salva di due missili balistici intercontinentali dal Mare di Okhotsk contro obiettivi in un poligono nella regione di Arkhangelsk. Il secondo sottomarino strategico, in servizio con la Flotta del Nord, ha lanciato dal Mare di Barents colpendo il bersaglio nel poligono di Kura. Negli ultimi 12 mesi la flotta del nord ha ripetutamente inviato navi nel Mare di Barents e nelle acque vicino all’Artico per esercitazioni a fuoco, compresi lanci di missili cruise e anti-nave.
Le esercitazioni s’inseriscono in un contesto che vede l’area dell’Artico al centro dell’attenzione, la più settentrionale del mondo, oggetto di una disputa tra diversi paesi, particolarmente interessati (USA, Cina, Russia, Canada, Norvegia e Danimarca), poiché dal punto di vista economico e commerciale lo scioglimento del ghiaccio artico rappresenta una grossa opportunità. L’obiettivo primario è quello di garantirsi risorse abbondanti come petrolio e gas, presenti in grandi quantità e l’utilizzo di rotte commerciali che si apriranno nei prossimi anni. Risalire la costa siberiana attraverso il passaggio nord-orientale, la Northern Sea Route (NSR), riduce la distanza tra l’Europa occidentale e l’Est asiatico di circa un terzo.
In un articolo del Newsweek si evidenzia inoltre, che la disputa artica ha visto anche alcune soluzioni amichevoli, come l’accordo di frontiera marittima tra Norvegia e Russia (accordo giuridico di delimitazione delle rispettive piattaforme continentali in acque artiche, nella zona del Mare di Barents, da cui è derivato l’avvio dello sfruttamento delle risorse in quella regione). Tuttavia, alcune nazioni hanno comunque intrapreso progetti per rafforzare gli assetti militari nella zona. Principalmente la Russia, che ha rinvigorito la costruzione delle proprie infrastrutture navali lungo la vasta costa settentrionale del paese, dove corre la rotta strategica del Mare del Nord. Lo scorso anno la Russia ha lanciato la sua prima nuova nave rompighiaccio, dopo decenni, la Ilya Muromets da 6.000 tonnellate.
Il presidente russo Vladimir Putin aveva espresso il suo punto di vista sulla situazione di stallo nell’Artico nella “nuova dottrina della strategia navale”, pubblicata a luglio. (La dottrina fornisce una panoramica sull’ambiente navale in evoluzione attorno alla Russia e sul modo in cui il Cremlino intende modellarla a sua volta.) Nel documento di 22 pagine, ha classificato come minaccia navale per la Russia “l’impegno di una serie di governi, soprattutto degli USA e dei loro alleati, per dominare gli oceani, compreso l’Artico e anche per raggiungere una supremazia intimidatoria con le sue forze navali.”
Il cambiamento climatico fa dell’Artico un luogo a cui molti paesi guardano con particolare interesse. In prima fila la Russia, che ha iniziato ad aumentare la presenza, le infrastrutture e le capacità militari. La competizione tra questi paesi potrebbe portare a nuove frizioni internazionali.
Elvio Rotondo
Country Analyst
Complimenti per la raccolta dei dati e per la loro interpretazione, le risorse della regione artica fanno gola a tutti ma l’orso ha le zanne e le unghie affilate… bravo Elvio