Le montagne in generale, le nostre Alpi in particolare hanno sempre rappresentato non tanto un “limes”, un confine, una barriera insuperabile, quanto piuttosto un luogo di passaggio di popoli, di incontri fra culture, lingue, tradizioni. Al punto che si può affermare che esiste una vera e propria “civiltà delle Alpi” sintesi, originale e possente, di diverse influenze, eppure dotata di una sua notevole originalità.
Una civiltà che viene da lontano, da epoche remote, e che ha avuto la capacità di serbare, come in uno scrigno magico, elementi di tradizioni che, altrove, sono andati dispersi e perduti. Una civiltà che si declina, certo, in diversi linguaggi, sfaccettata, poliedrica… eppure dotata di una sua profonda unità. Teatro ancora dal 1914 al 1918 di uno dei più tragici conflitti della storia – quella I Guerra Mondiale che non a caso fu definita “grande” e che taluni, giustamente, considerano la “I Guerra Civile europea” – oggi le nostre Montagne, troppo spesso ingiustamente dimenticate dal mondo politico e dai mass media, rappresentano una grande speranza per il futuro dell’Europa. Un’Europa, però, non delle caste e delle burocrazie, ma dei Popoli, con le loro diversità, le loro peculiarità che non negano, tuttavia, la persistenza di un idem sentire, di una comune civiltà… che è poi, a ben vedere, il cuore profondo di tutta questa nostra Europa.
Un luogo dell’anima, dunque, una fonte cui dovremo tornare ad attingere per meglio comprendere chi siamo e da dove veniamo. Se questo avverrà, allora davvero la Speranza tornerà a divampare. Questo, dunque, l’obiettivo di un Convegno che vuole essere, in primo luogo, una riflessione a più voci, con il contributo di storici, letterati, economisti di diverse provenienze e formazione. Un incontro tra uomini che parlano talora anche lingue diverse, ma che condividono l’emozione spirituale profonda davanti alla immutabile bellezza delle nostre Montagne.