Uno degli enigmi che si collegano con le ormai imminenti elezioni presidenziali statunitensi è quello del futuro della Nato. Un enigma non da poco, visto che la vecchia Alleanza Atlantica resta pur sempre uno strumento fondamentale della politica estera di Washington e, pertanto, inevitabilmente condizionata dalle svolte impresse a quest’ultima da chi siede nello Studio Ovale. E, in effetti, dopo la caduta del Muro di Berlino a la fine della Guerra Fredda, abbiamo visto i presidenti americani dare della Nato “letture” molto diverse, talvolta contrastanti.
Da Bill Clinton che la interpretò, sic et simpliciter, come la lunga mano operativa di un’America “guardiana degli equilibri mondiali”, a George W. Bush quando, per bocca del suo segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, la Nato venne definita semplicemente “vecchia”. Ovvero superata, destinata ad essere sostituita da, occasionali, “Coalizioni di volenterosi”, espressione di una nuova realtà mondiale fondata su alleanze a geometrie variabili, e quindi in continua evoluzione.
[…]
Continua la lettura dell’articolo di Andrea Marcigliano, Senior fellow de “Il Nodo di Gordio” su l’Opinione —> Dopo Obama quale futuro per la Nato?