Paese che vai, magistrati che trovi. Ed i rapporti tra chi combatte il crimine e chi lo giudica non sono idilliaci neppure in Kosovo, Paese che vorrebbe entrare a far parte dell’Unione europea. Basta una frase del tenente colonnello Nexhmi Krasniqi, comandante della Kosovo Police di Prizen (nel sud del Paese Balcanico), per chiarire i termini della questione: “Chi compie tanti reati – afferma nell’intervista rilasciata a Luca Tatarelli, inviato del Nodo di Gordio in Kosovo – se non sconta la pena è una sconfitta innanzi tutto per chi è stato danneggiato e poi per la stessa polizia”.
I problemi, sostanziali mentre i rapporti formali sono buoni, non riguardano soltanto la criminalità comune. Lo scorso anno – spiega Tatarelli – la Kosovo Police ha investigato 28 casi legati al terrorismo jihadista, arrestando 21 persone. Ma per 15 casi le indagini sono state chiuse con l’assoluzione di 46 persone. Per il tenente colonnello, comunque, la situazione sta migliorando perché sono state introdotte pene severe, sino all’ergastolo, per i foreign fighters. Lo stesso comandante, però, ammette con l’inviato del Nodo di Gordio, che tre jihadisti provenienti dalla zona di Prizen sono morti in Siria. Ancora più preoccupante la dichiarazione successiva: “La notizia è arrivata ai parenti ma non a noi”.
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Leggi l’articolo completo di Alessandro Grandi, fotografo e storico de “Il Nodo di Gordio” su Gli Occhi della Guerra —> Il Kosovo tra jihad e corruzione