L’ombra della rivoluzione colorata torna sui Balcani
Verso la fine di aprile un gruppo di rappresentanti dal Regno Unito, Stati Uniti, Turchia e Danimarca, auto-proclamandosi come “delegazione dell’OSCE”, si era recato nella ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (FYROM) con la “missione” di porre domande e richieste al governo del neo eletto (ma al quarto mandato dal 2006) Nikola Gruevski.
Il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, nei giorni successivi aveva presentato una interrogazione al segretario in carica dell’OSCE, il serbo Ivica Dadic, per far luce sulla faccenda. In tempi più recenti, sempre Lavrov ha sostenuto l’ipotesi che in FYROM si fosse ordito un tentativo di “rivoluzione colorata” proprio in occasione di quella “missione”.
Sono noti a tutti i fatti relativi agli scontri armati tra forze di polizia macedoni e un commando di reduci dell’UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo) avvenuti a Kumanovo lo scorso 9 maggio e le proteste iniziate il 17 maggio a Skopje – in principio i due eventi erano stati programmati simultaneamente. Allo stesso modo, sono conosciute le motivazioni che hanno spinto diverse decine di migliaia di manifestanti a scendere in piazza: il premier macedone è accusato di autoritarismo, corruzione e, soprattutto, di spionaggio.
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Leggi l’articolo completo di Marcello Ciola, Associate Analyst de “Il Nodo di Gordio” per ilGiornale.it —> Nel caos macedone