Al Qaeda nello Yemen, attacchi jihadisti nel Sinai: il pugnale jihadista è puntato alla gola del Mediterraneo. A rischio la vita del nostro sistema portuale. Il ruolo della Marina Militare Italiana
Il successo dei peshmerga curdi, che dopo mesi di duri scontri, hanno riassunto il controllo della siriana Kobane, non deve trarre in inganno né, tanto meno, illudere: la minaccia del jihadismo globale non sta perdendo forza. Anzi, due recenti avvenimenti sembrano dimostrare proprio l’esatto opposto.
Appena tre giorni fa, infatti, si è registrata una improvvisa recrudescenza delle azioni di Ansar al-Beit Maqdis, un gruppo jihadista egiziano attivo nella penisola del Sinai. Giovedì scorso un commando di guerriglieri del gruppo che oggi ha assunto il nome di “Stato Islamico nella provincia del Sinai” – attestando così il suo legame con il Califfato dell’IS siro-irakeno, che sarebbe subentrato all’antica affiliazione ad Al Qaeda – ha attaccato una base militare e la stazione di polizia ad el-Arish, principale centro del Sinai settentrionale. Poi altri gruppi hanno preso di mira i centri periferici di Sheik Zuwayid e il confine di Rafah. Una serie di azioni chiaramente organizzate in base ad una precisa strategia e perfettamente concomitanti con le proteste in tutto il paese contro il regime instaurato dal generale Al Sisi dopo il fallimento del governo Morsi guidato dai Fratelli Musulmani.
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L’articolo completo di Andrea Marcigliano, Senior Fellow de “Il Nodo di Gordio” su IlGiornale.it —> Ombre su Suez