Sullo sfondo degli eventi che recentemente hanno sconvolto il Kirghizistan, dovuti al malcontento nei confronti del Presidente Kurmanbek Bakiyev, accusato di corruzione e di inadempimento al promesso sviluppo economico del Paese, sembra di ravvisare un leitmotiv che accomuna le sorti di questa nazione centrasiatica con altre realtà post-sovietiche: l’essere stata protagonista, ovverosia vittima di una rivoluzione colorata, la cosiddetta Rivoluzione dei Tulipani. Una sollevazione, dietro alla quale, analogamente all’Ucraina con la Rivolta Arancione e alla Georgia con la Rivoluzione delle Rose, non si può evitare di intravedere lo zampino di Washington che nel piccolo Paese centrasiatico intende tutelare i propri interessi rappresentati dalla base aerea di Manas, fondamentale per le operazioni militari in Afghanistan. Ricordiamo che, sebbene nel 2009 il parlamento di Bishkek avesse votato contro la base invisa ai russi, gli Usa hanno dovuto sborsare 180 milioni di dollari per mantenerla operativa.
Allorché il Paese, in seguito alle violente proteste di piazza del 2005 (la Rivoluzione dei Tulipani), passò dalle mani di Aksar Akayev, primo Presidente kirghizo post-sovietico, in quelle di Kurmanbek Bakiyev; questi promise una riforma radicale dello stato nonché una maggior democratizzazione e trasparenza. Ma a giudicare dai recenti fatti, le cose sono andate in maniera affatto diversa.
Roza Otunbayeva, attuale leader del governo autoproclamatosi ad interim conseguentemente all’insurrezione dei giorni scorsi iniziata il 7 aprile, ex membro del precedente governo, fervente sostenitrice della rivoluzione colorata del 2005, entrò in contrasto quasi fin dall’inizio con il neo-Presidente Bakiyev, accusandolo di essere più corrotto e nepotista dello stesso Akayev e di aver ignorato le precedenti promesse. Inoltre, di essere stato rieletto nel 2008 con brogli elettorali. Sta di fatto che la Otunbayeva ha dichiarato che condurrà il Paese ad elezioni anticipate. Quindi, ha chiesto immediatamente aiuti umanitari alla Russia che il Premier Putin ha subito accordato. Anche gli Usa riconoscono la legittimità del nuovo governo, ripudiato dall’ex presidente Bakiyev rifugiatosi nella città di Osh con i suoi sostenitori, il quale dichiara che il suo governo è l’unico legittimato da una elezione democratica. Il pericolo di una guerra civile è nell’aria.
Intanto il Presidente russo Medvedev ha ordinato l’invio di 150 paracadutisti che sono arrivati presso la base aerea russa di Kant, non lontano della capitale Bishkek. Mentre, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, intervenendo presso l’Osce a Vienna ha rilasciato il seguente commento poi ripreso dal Presidente kazako Nursultan Nazarbayev: «Ci sono difficili condizioni economiche e sociali che sono alla base delle agitazioni». Nazarbayev ha anche aggiunto in un’intervista, che da questo punto di vista il Paese centrasiatico dovrebbe puntare sullo sfruttamento dell’energia idroelettrica, una risorsa che possiede in abbondanza. Considerazioni certamente pertinenti ma allo stesso tempo impossibili da non assommare all’ingerenza di forze esterne in uno scacchiere così nevralgico come quello centrasiatico, dove il Kirghizistan rappresenta l’anello debole della catena. Ermanno Visintainer