Crisi economica e disoccupazione fan crescere il malcontento. E tornano i combattenti impegnati nelle rivolte all’estero
Per la sua posizione strategica e per la sua stabilità politica ed economica, la Tunisia ha rappresentato, fino a qualche tempo fa, un vero trampolino di lancio per i mercati europei e africani, ma la sua popolazione d’indole pacifica si trova ora a dover convivere sempre più spesso con gli attacchi terroristici in aumento. Gli attacchi, passati da 21 nel 2012 a 72 nel 2013 e a diversi altri nei primi mesi del 2014, potrebbero ora condizionare le ambizioni democratiche del paese anche se il governo tunisino appare molto determinato a combattere e a sradicare la violenza nel paese.
La crescente presenza di Al Qaeda in Africa settentrionale negli ultimi anni e l’instabilità nella vicina Libia, hanno aggiunto solo ansia alla situazione della sicurezza in Tunisia, con un’economia che sta avendo un momento difficile con livelli di crescita economica inferiori al periodo antecedente la rivoluzione del 2011. Il livello della disoccupazione, specialmente tra i più giovani è al limite di guardia, nel 2012 essi costituivano il 72,2% del totale dei disoccupati nel paese, secondo quanto riporta il “The Tunis Times”.
La povertà e gli scarsi investimenti statali verso le zone arretrate del paese rappresentano un aspetto sociale molto delicato e un’area fertile per le nuove associazioni islamiste che tentano di conquistare consensi e simpatie di ampie fette della popolazione grazie alla distribuzione di servizi che lo stato non riesce a offrire.
Tutto questo contribuisce non poco a ingrossare le file dei giovani che scelgono di arruolarsi tra i militanti islamici.
Come altri paesi del Maghreb, anche in Tunisia, è presente il fenomeno del reclutamento di molti giovani per la Jihad nei paesi dove si combatte, in particolare la Siria. Come riportato nella rivista Tunisie Numerique i pubblici ministeri di Tunisi, il 19 marzo, hanno lanciato una vasta operazione per catturare gruppi estremisti che si adoperavano in questa attività.
Sono migliaia i giovani tunisini, attratti dal fondamentalismo religioso, che hanno contribuito a rinforzare i gruppi di combattenti islamici nei vari teatri di guerra, dagli anni 80 in Afghanistan, poi in Iraq e negli ultimi dieci anni Libia, Siria, Mali e cosi via. Spesso i reclutati definiscono un “obbligo per tutti i mussulmani” la loro partecipazione alla guerra auspicando che in futuro tocchi anche alla Tunisia.
Al loro ritorno in patria i militanti islamici sono di solito combattenti induriti dal fervore fondamentalista e dalla guerra, con una notevole esperienza acquisita sul campo con cui le Forze di sicurezza tunisine si misurano con fatica nel combattimento. L’afflusso di estremisti in Tunisia avviene, principalmente, dal gruppo Jabhat al-Nusra in Syria, affiliato ad Al-Qaeda, e dal Mali, ma anche dai confini porosi con la Libia dove entra di tutto, armi comprese.
Dall’inizio dell’anno ci sono state molteplici attività terroristiche nel paese.
Il 25 maggio, le forze di sicurezza hanno arrestato 16 individui con dell’esplosivo vicino al confine meridionale con la Libia. In un comunicato stampa il ministro degli Interni ha annunciato che il gruppo aveva in programma di attaccare siti industriali e zone turistiche. Durante la notte del 27 maggio, alcuni uomini armati hanno attaccato la casa del Ministro degli Interni, a Kasserine, uccidendo 4 poliziotti. Il 16 febbraio, un gruppo armato ha ucciso quattro persone (tra cui due poliziotti) a un posto di blocco illegale in Jendouba, nord-ovest della Tunisia.
Tutto questo, dopo un sanguinoso 2013, che ha visto: più di 20 addetti alla sicurezza uccisi in quello che il governo ritiene “incidenti connessi al terrorismo“.
La rivista IHS Jane’s riporta che l’attacco alla casa del Ministro dell’Interno potrebbe essere un indicatore che il target dei gruppi terroristici stia cambiando. Questo sarebbe il primo attacco a un politico islamista dopo l’assassinio di due politici laici di sinistra nel 2013 e potrebbe indicare una delusione salafita per le posizioni moderate del movimento Al –Nadha.
Il mese scorso, il governo di Tunisi ha designato il Monte Chaambi e i vicini distretti di montagna “zona militare chiusa”, confermando la crescente minaccia rappresentata dalle “organizzazioni terroristiche” nell’area.
La capacità dell’esercito tunisino per contenere la situazione è spesso resa difficile dalla natura geografica della zona, poiché le montagne hanno dimostrato di essere il nascondiglio più sicuro per le milizie. Gli spessi strati di vegetazione forniscono una buona copertura per il movimento dei militanti e i militari non sono in grado di utilizzare veicoli terrestri a causa della natura selvaggia delle montagne; l’intervento a piedi rimane l’unica possibilità.
La Tunisia è ben consapevole della crescente influenza degli islamisti dalla vicina Libia, e teme che le attività illecite possano oltrepassare il confine.
La frontiera del paese è diventata un covo per estremisti, jihadisti e criminali. Droga pesante, armi ed esplosivi entrano in Tunisia regolarmente dalla Libia, mentre la parte settentrionale del confine tunisino-algerino è usata per il traffico di cannabis come anche di armi. Non è cosa facile controllare i confini per le caratteristiche morfologiche del territorio: la lunghezza, l’ampiezza, e le difficoltà rappresentate dal deserto. Dal punto di vista politico, la Tunisia, l’Algeria e la Libia starebbero cercando maggiore coordinamento sulla sicurezza per la protezione dei confini, attraverso incontri periodici per valutare la situazione e scambiare le informazioni sui movimenti dei gruppi terroristici, l’attività dei trafficanti e spacciatori, e la riduzione della criminalità organizzata. Naturalmente, per un maggior controllo dei confini sarebbero necessarie forze di sicurezza ben equipaggiate.
Oggi, le forze armate hanno di fronte una serie di nuove sfide poiché non sono solo indispensabili come supporto alle forze di sicurezza nello stato d’emergenza in caso di necessità ma anche elemento chiave per proteggere il confine del paese dai gruppi terroristici e dai traffici illegali.
Nel perseguire questi obiettivi, le forze armate sono ostacolate principalmente dalla mancanza di personale e dall’obsolescenza degli equipaggiamenti.
L’Esercito tunisino, principale elemento delle Forze Armate è quello che sopporta la maggior parte degli oneri della sicurezza nella Tunisia post-rivoluzionaria, ed è costituito da non più di 270001 unità. Complessivamente le Forze Armate contano circa 47.000 uomini. Tale numero, secondo il sito www.tunisia-live.net, è appena sufficiente per mantenere la sicurezza interna e impedire, quotidianamente, atti di vandalismo e disordini, figuriamoci proteggere i confini nazionali da militanti ben equipaggiati.
La mancanza di personale potrebbe essere facilmente compensata con moderne attrezzature militari, ma non è il caso delle forze armate tunisine.
L’Aeronautica si basa ancora su jet F-5 americani, non più affidabili, e che richiedono manutenzione quasi quotidiana. Non va meglio con gli elicotteri, che negli ultimi anni si sono schiantati più volte, soprattutto nella ricerca di terroristi nelle aree di difficile navigazione, qual è la regione del monte Chaambi, sul confine algerino.
L’artiglieria e le divisioni corazzate tunisine non sono nello stato migliore, e la fanteria tunisina soffre di problemi simili. Ad eccezione delle forze speciali e delle unità anti-terrorismo, i fanti tunisini utilizzano i fucili Steyr Aug, armi obsolete che mancano di precisione e di portata. Molti fanti sono di leva e naturalmente manca l’esperienza del soldato professionista.
Il governo tunisino, per permettere alle sue forze armate di essere al passo con il difficile compito ricevuto, dovrà affrontare il problema dell’ammodernamento della struttura militare, compreso quello di un addestramento adeguato del proprio personale. Serve dunque un urgente piano di rinnovamento il più presto possibile, o questa forza militare non sarà, nel breve periodo, in grado di svolgere il suo ruolo primario, cioè, la difesa dalle minacce armate specialmente quelle delle milizie di Al-Qaeda, che continuano a sviluppare tattiche ed equipaggiamenti.
Elvio Rotondo
Country Analyst
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