Tra le posizioni sinora espresse a livello internazionale sulla questione della crisi ucraina, Il Nodo di Gordio ritiene di un certo interesse l’analisi di Nino Sergi di InterSos (organizzazione umanitaria che opera a favore delle popolazioni in pericolo, vittime di calamità naturali e di conflitti armati, fondata nel 1992) che rimetterebbe al centro dell’attenzione la politica estera italiana con una proposta innovativa, buona lettura …
‘Con me o contro di me’. Non è più questa la logica politica nei rapporti internazionali, quella che nei secoli passati ha alimentato guerre calde e fredde, ma talvolta sembra ripresentarsi. La situazione esplosiva dell’Ucraina deve aiutarci a ripensare la politica internazionale e a fare un salto innovativo e qualitativo capace di affrontare e risolvere le tensioni in quei paesi-cerniera divisi all’interno e nei rapporti esterni. Il Gruppo di contatto o il G8, sperando che riescano a riunirsi, hanno un’opportunità straordinaria per dare al mondo una visione e un messaggio nuovi. Ma è necessario che, da subito, tutti i paesi che possono influire diano, reciprocamente, segnali di distensione. Avendo vissuto in prima linea i conflitti degli ultimi decenni, compreso quello jugoslavo, alcune linee di politica internazionale ci appaiono evidenti. Vogliamo esplicitarle, anche a rafforzamento della posizione italiana, chiaramente espressa dal ministro Mogherini, tesa al dialogo politico.
1. La politica internazionale dovrebbe riuscire innanzitutto a concentrarsi sull’interesse del paese in difficoltà, l’Ucraina, in questo caso. Gli interessi europeo, russo, americano o degli altri paesi coinvolti, pur rimanendo il motore delle scelte politiche, dovrebbero rimanere sfumati quando si è alla ricerca di una soluzione, e soprattutto essere valutati non solo nell’immediato ma sulla lunga durata. Nell’immediato, gli interessi politici appaiono antitetici e inconciliabili e alimentano la crisi piuttosto che risolverla. Dalla logica contrastante del proprio interesse è necessario quindi passare alla logica dell’interesse del Paese in crisi e, in prospettiva, dell’interesse comune, data la profonda interdipendenza economica esistente tra Ue/Occidente e Russia.
2. I paesi-cerniera, a cavallo tra due aree geopolitiche in competizione economica, politica e culturale, dovrebbero essere accettati come sono, senza spingerli a scelte di campo, quando queste risultassero laceranti. L’Ucraina è molto più di un paese-cerniera, avendo un piede ad est e l’altro ad ovest, con una parte della popolazione schierata in questa duplice e contrapposta tensione. Un’attiva neutralità, più netta di quella finlandese che è spesso richiamata ma che risponde ad un diverso contesto, converrebbe certamente all’Ucraina, ma anche a tutti i paesi confinanti.
3. Un’Ucraina non membro dell’Ue, né dell’Unione eurasiatica disegnata da Mosca, ma con una neutralità attiva riconosciuta, aperta cioè a rapporti politici, economici, culturali e ad accordi di ampio partenariato e di parziale associazione con entrambe le entità, potrebbe garantire la propria unità territoriale, la convivenza delle diverse nazionalità, il proprio sviluppo economico, insieme a quello culturale articolato e radicato nella storia e nei legami con aree sia russe che europee.
4. Un’Ucraina neutrale e aperta a cooperazioni a trecentosessanta gradi potrebbe al contempo rappresentare un punto magnetizzante tra l’Ue/l’Occidente e la Russia, e potrebbe rafforzarne il rapporto politico e il percorso di fiducia reciproca. Il mondo globalizzato ci obbliga ad andare nella direzione di un rapporto rinnovato, con una visione nuova dei rapporti internazionali – in una certa misura ancora di potenza, ma basati sulla massima cooperazione – presupposto per ulteriori sviluppi economici e soprattutto per assicurare condizioni di pace in tutto il continente euro asiatico.
5. Sono stati fatti molti errori in Ucraina, dagli ucraini, da parte europea/occidentale e da parte russa. In fondo sono gli errori che da sempre si ripetono nelle crisi a cui la comunità internazionale non ha saputo o voluto dare risposte convincenti, talvolta per distrazione o per mancanza di coraggio e lucidità politica, anche quando non sarebbe stato difficile intervenire diplomaticamente e politicamente al momento giusto. Nel mondo odierno, le crisi tendono a moltiplicarsi. Occorre quindi uno sforzo di creatività politica, che sappia ripensare le relazioni internazionali e sappia inventare e codificare nuove forme di convivenza tra Stati, tra regioni e tra alleanze. Non sembra essere nell’interesse dell’Ucraina un cammino di adesione all’Unione europea, né all’Unione euroasiatica. Mentre è interesse di tutti che l’Ucraina possa, mantenendo la sua integrità territoriale e la pluralità delle sue comunità, rimanere aperta a rapporti politici ed economici e ad alleanze con entrambe le Unioni, a partire dai paesi più vicini.
L’Unione europea, e l’Italia in particolare, hanno la cultura politica per proporre forme nuove di convivenza pacifica, nell’attuale complessità del mondo, che non si basino sul ‘con me o contro di me’, sugli interessi immediati, né su minacce o sanzioni, talvolta inutili e perfino aggravanti, ma su principi nuovi che impediscano le ferite, le morti e le distruzioni che le crisi irrisolte normalmente producono. L’Ucraina è il banco di prova. Tutti sono alla ricerca di una via di uscita, ma occorrerà un forte convincimento e un deciso impegno da parte di tutti, perché il tempo a disposizione è davvero limitato.
Nino Sergi, organizzazione umanitaria Intersos
12.3.2014