Che belle le estati spensierate di una volta. Figlie dell’incredibile benessere italiano, nonostante la guerra perduta, hanno resistito a crisi, terrorismo, moralismo dei senza morale. Soltanto dopo ferragosto, col sapore del sale cominciava ad insinuarsi un filo di malinconia, la cantavano allora Fred Bongusto, Little Tony, i Righeira, traspariva nel cinema dei Vanzina, ma già prima nella Calafuria finale del Sorpasso. Dura minga, duettavano amabilmente ai microfoni dell’EIAR Vittorio De Sica ed Umberto Melnati, eppure sessant’anni o giù di lì non sono pochi. Oggi quelle estati si sono trasformate in un circuito impazzito, tra i mezzi incendiati sulle autostrade colte da una frenesia manutentiva e le rincorse indecenti ai bonus vaccinali, Biden ha promesso cento dollari a testa e un presidente di regione, sembra, lo sblocco del green pass alla prima somministrazione anche sulle spiagge. Per le famiglie del Belpaese di quella seconda metà del Novecento, vigile e presente da Algeri a Beirut, da Bruxelles ad Asmara, di casa a Tunisi, il vaccino era una sorta di iniziazione, un valore d’uso non assimilabile al prezzo basso di una merce qualsiasi, il nuovo mantra del commercio digitale.
La parola magica di cui ci imbeviamo è “transizione” – energetica, ecologica, cibernetica – dal latino trans ire, andare oltre, che di per sè non garantisce il passaggio ad uno stato migliore. No, un po’ di Storia la conosciamo ed il nuovo mondo di Greta, mentre i bambini del Congo, chi se lo ricorda più Lumunba, scavano a mano nelle miniere di coltan e cobalto, come ci ricorda invece Franco Cardini, trasuda ipocrisia. Si annuncia la fine di un’epoca ed il traghettamento dello Stige senza Virgilio si fa rischioso.
E questa mezza estate inquietante ci riporta ad un bianco e nero intenso di Valerio Zurlini, Estate violenta, al 25 luglio del 1943, la fine del regime vista a Riccione attraverso la lente di un amore fuori tempo massimo. Chissà perché…
La Redazione
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