In Russia operano circa 450 aziende italiane, poche se paragonate alle 5mila di nazionalità tedesca; il dato è persino peggiore se consideriamo quelle presenti con joint venture, 50 con partecipazione italiana a fronte di 3mila russo-tedesche.
Un quadro per nulla entusiasmante, quello delineato da Ernesto Ferlenghi, presidente di Confindustria Russia, in una intervista concessa a Rodolfo Maria Salvi, junior fellow del think tank Il Nodo di Gordio.
Per Ferlenghi va dunque rivisto il modello di internazionalizzazione italiano, “aumentando le partecipate localizzate che producono alto valore aggiunto e competitività”. Nei settori economico, commerciale e strategico industriale viene premiata l’azienda straniera che entra sul mercato partecipando e condividendo i rischi, ma quando si parla di rischi gli imprenditori italiani sono abituati ad alzare bandiera bianca. Non si entusiasmano per le logiche internazionali, con il partner estero che mette il know how e quello russo la quota di mercato.
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