di Ermanno Visintainer
In uno scenario internazionale sconvolto e martoriato da conflitti religiosi e scontri di civiltà, c’è un Paese che, impostosi negli ultimi anni come epicentro politico ed economico di una vastissima ed instabile regione, quale è l’Asia Centrale, divenuto una potenza emergente sullo scacchiere internazionale, un centro di gravità permanente eurasiatico con realistiche prospettive planetarie, si sta muovendo sulla linea del paradigma della responsabilità globale. Questo Paese è il Kazakhstan.
La base per il proprio successo nello sviluppo socio-economico e socio-politico, il Kazakhstan, l’ha saputa trarre dalla specificità delle sue radici. Le radici di quel mondo imbevuto di sincretismo religioso e culturale, metabolizzato attraverso la sintesi mistica elaborata da Ahmed Yassawi, fondatore del misticismo turco.
“Unità nella diversità” è uno slogan voluto dal suo Presidente che costituisce il retroscena comune, così come l’emblema dell’intesa tra i numerosissimi vari gruppi etnici. Un’identità, che il moderno Kazakhstan ha saputo riscoprire in nome di una tolleranza che è quella scaturente da una prassi radicata e sedimentata nell’inconscio collettivo e religioso, così come nelle stratificazioni etniche che fino dall’antichità hanno caratterizzato il destino della nazione kazaka e che tuttora sono ivi ravvisabili.
Elementi che ad ogni buon conto, rappresentano il prodromo, la prefigurazione anche dell’attuale modalità esplicativa di una democrazia per quanto d’ispirazione occidentale.
Come già ha avuto modo di puntualizzare in un’intervista, l’Ambasciatore Plenipotenziario della Repubblica del Kazakhstan in Italia, Almaz Khamzayev, a proposito del tema del dialogo interreligioso ha rilasciato la seguente dichiarazione:
Il Kazakhstan resta fedele all’idea dello sviluppo del dialogo interreligioso e interculturale. Nella nostra società convivono in pace e concordia più di 140 etnie diverse e ben 40 differenti confessioni religiose.
In questi 20 anni di indipendenza il Kazakhstan ha fatto grandi sforzi affinché i suoi cittadini delle più differenti confessioni religiose fossero liberi di rispettare le proprie tradizioni spirituali. Il numero delle comunità religiose operanti sul territorio del Kazakhstan è aumentato da 700 a 4.500. Alla base del modello kazako di convivenza sono stati posti quei valori che caratterizzano la plurisecolare storia del Kazakhstan e cioè tolleranza, indulgenza, ospitalità, rispetto per altri popoli, altre culture e altre religioni.
Nel Kazakhstan sovrano la tolleranza è diventata non solo norma di cultura politica, ma anche principio cardine della politica dello stato. Proprio in Kazakhstan è stato costituito un istituto sociale unico nel suo genere e cioè l’Assemblea del Popolo del Kazakhstan, che è diventata una fortunata piattaforma di dialogo per armonizzare gli interessi di diversi gruppi etnici e confessioni religiose. La politica kazaka di tolleranza fin dai primordi possiede una dimensione interna e una estera. Grazie a questa impostazione, la politica del Kazakhstan nelle questioni della tolleranza è coerente, stabile e affrancata da ogni atteggiamento di “doppio binario”. Il Kazakhstan è attivo sostenitore del dialogo tra civiltà. Il nostro paese favorisce in ogni modo lo sviluppo del dialogo tra il mondo musulmano e l’Occidente ed è membro del Gruppo degli Amici dell’alleanza delle civiltà. Nel 2008, su iniziativa del nostro paese, si è tenuto ad Astana il Forum dei ministri degli esteri intitolato “Il mondo comune: il progresso attraverso la diversità”. Proprio il Kazakhstan è stato iniziatore e organizzatore della riuscita realizzazione di tre Congressi dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, un consesso internazionale unico nel suo genere che favorisce il consolidamento del mondo confessionale globale. Abbiamo proposto che questi forum si svolgano sotto l’egida dell’ONU.
Quest’anno ad Astana si svolgerà il IV congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali al quale abbiamo invitato i rappresentanti di tutte le religioni, i politici, gli operatori sociali di diversi paesi e siamo certi del suo successo.
Ebbene il Kazakhstan, in un’epoca che ha visto la fine dell’imperialismo russo-sovietico e l’eclissi del colonialismo anglo-americano, in virtù della sua storia di interlocutore privilegiato, è destinato a divenire un coordinatore, un moderatore al tavolo di questo dialogo interreligioso globale, in quanto, se prescindiamo dal suo modello storico, in generale, la convivenza fra fedi, nel mondo, non è sempre stata idilliaca. Infatti, secondo una stima approssimativa nel corso dei secoli, 809 milioni di persone sono perite in conflitti religiosi. Per tutta la loro storia le comunità umane hanno vissuto diversi conflitti religiosi di norma associati a differenze tribali, nazionali o linguistiche tra i diversi popoli del continente. E infatti nell’antichità combatterono tra loro i primi cristiani e i pagani, il Medio Evo vide cattolici contro ortodossi e cattolici contro protestanti. A partire dall’VIII secolo durante le rivolte arabe scoppiò il conflitto tra cristiani e musulmani, un conflitto che allora rimase all’interno dei confini dell’Europa meridionale e dei paesi del Mediterraneo. Con la crescita della popolazione musulmana in aree dove la sua presenza non era tradizionalmente consolidata, in particolare in Gran Bretagna, Germania, Svezia e Francia si sono accumulate tensioni foriere di potenziali conflitti. Del resto, anche nelle regioni europee di storico insediamento musulmano, in quelle zone cioè dove i
musulmani costituiscono una componente significativa della popolazione del paese o della regione, questi elementi conflittuali tendono a crescere fin dal Medio Evo.
E per tale motivo il Presidente del Kazakhstan, Nursultan Nazarbayev, memore degli eventi di Assisi 1986 e 2002, da qualche anno a questa parte ha assunto la decisione di tenere ad Astana, un Forum mondiale per i rappresentanti delle religioni tradizionali e per il dialogo interreligioso.
Questi congressi, iniziati nel 2003 sono giunti oggi alla loro quarta edizione, cui è stato assegnato il titolo: “La pace e la concordia come scelta dell’umanità” e che prevede più di 70 delegazioni provenienti da 45 diversi paesi.
Riconosciuti internazionalmente come una piattaforma spirituale per il dialogo e la pace, hanno rappresentato un’occasione unica per l’incontro e la riconciliazione.
L’idea del Presidente Nazarbayev è stata quella di porre ad un tavolo vis à vis i leader mondiali delle religioni tradizionali, onde trovare delle prospettive di reciproca collaborazione al fine di contribuire al superamento delle manifestazioni negative del nostro tempo, come la violenza, il fanatismo, l’estremismo e il terrorismo. L’iniziativa ha conseguito un riconoscimento mondiale e molti leader religiosi hanno compreso appieno la necessità e l’importanza della riconciliazione interreligiosa. Questo Congresso rappresenta il maggior contributo da parte del Kazakhstan al processo globale verso il dialogo interculturale.
L’iniziativa kazaka è stata supportata dalle Nazioni Unite e, negli ultimi anni, ha ottenuto il riconoscimento degli altri maggiori Forum, come l’Alliance of Civilisations, la Comunità di Sant’Egidio e l’Asia House, oltre alla Tony Blair Foundation e molte altre. Il primo Congresso ebbe luogo ad Astana dal 23 al 24 settembre 2003. Ad esso parteciparono i leader delle più rappresentative religioni tradizionali del mondo, oltre che noti politici.
La finalità del primo Congresso è stata quella di trovare punti di riferimento universali all’interno delle varie forme tradizionali di religione onde realizzare un’istituzione interconfessionale operativa a livello internazionale a favore del dialogo e in grado di intraprendere decisioni coordinate. Un’iniziativa apprezzata dagli invitati e partecipanti che ha conferito al Kazakhstan un credito internazionale speciale per gli sforzi profusi.
Da qui la risoluzione da parte di leader e rappresentanti di proseguire lungo questa direttiva organizzando l’evento su base regolare.
Il secondo Congresso, pertanto, si tenne nuovamente ad Astana dal 12 al 13 settembre 2006, la cui scelta della location è stato un evidente segno di rispetto da parte della comunità religiosa internazionale per il ruolo del Kazakhstan nel mantenimento della pace e della sicurezza. Tenuto negli spazi del nuovo edificio “Palazzo della Pace e della Riconciliazione” realizzato appositamente per il Forum, una delle principali finalità del Congresso verteva sull’idea di infondere, all’interno delle comunità religiose e dei credenti, condizioni che sostenessero la società civile per superare l’isolazionismo, contrastare l’estremismo, il clericalismo e per diffondere lo spirito di tolleranza nel mondo. Il tema generale del Congresso era stato formulato in: “Religione, società e sicurezza internazionale” e declinato lungo due direttive: “Religione, libertà e rispetto per i seguaci di altre religioni” e “Ruolo dei leader religiosi nel rafforzamento della sicurezza internazionale”. Anche questa edizione del Forum non ha lesinato le lodi al Presidente Nazarbayev per l’organizzazione dell’evento. Esito del Congresso è stata la Dichiarazione unanime da parte dei partecipanti di appellarsi ai rappresentanti di tutte le religioni e gruppi etnici a non ammettere conflitti sulla base di differenze culturali o religiose. Questo documento riflette in pieno la necessità globale di rimpiazzare l’“ideologia dell’opposizione” con la “cultura della pace”. Conseguentemente i partecipanti assunsero la decisione di convenire al terzo Congresso, nel 2009, sempre ad Astana, quindi istituire un Segretariato del Congresso all’uopo di presentare proposte sulle date in cui tenere il Forum.
Già Papa Giovanni Paolo II, durante la sua visita pastorale ad Astana, nel 2001, rilasciò la seguente dichiarazione: “Dal Kazakhstan, una nazione che è un esempio di armonia tra uomini e donne di origine e credo differenti, desidero lanciare un fervido appello a tutti, cristiani e seguaci di altre religioni, affinché lavorino assieme per costruire un mondo senza violenza, un mondo che ami la vita e cresca in giustizia e solidarietà”.
Puntualizzando l’importanza dell’iniziativa, l’ex Segretario generale dell’ONU Kofi Annan, annotò che “Le persone credenti in una fede hanno un’opportunità di influenzare individui e gruppi di persone, potendo “ispirarli” a servire la società”.
Kochiro Matsuura, Direttore generale dell’UNESCO descrisse l’iniziativa del Presidente del Kazakhstan: “Un passo significativo verso un nuovo mondo dove persone di differenti religioni possono vivere assieme in armonia”.
Il vice Presidente del Parlamento Europeo, Alejo Vidal Quadras, da parte sua pronunciò le seguenti parole: “In Asia Centrale c’è un vasto territorio in cui persone di provenienza etnica e di fede estremamente diversa, vivono in pace e armonia all’interno di una ingente maggioranza islamica. Parlano una grande varietà di lingue, mantenendo differenti origini, gusti, sensibilità e costumi. Nonostante tale doviziosa e policroma diversità, le relazioni fra questi gruppi sono eccellenti. Essi manifestano solidarietà e condividono interessi comuni, obiettivi e sforzi e godono di pari diritti”.
Un Paese coraggioso ed ammirevole quindi il Kazakhstan, che, in un’epoca guerrafondaia ed intrisa di livore religioso ha saputo compiere un passo significativo verso la distensione e la riconciliazione. Un Paese, non scordiamolo, a maggioranza islamica, che ricorda all’Occidente la comune ascendenza spirituale – troppo sovente obliata – tra le due grandi fedi monoteiste.
Ermanno Visintainer