Nel cuore del Mediterraneo, l’isola di Cipro si trova al centro dell’attenzione per la difficile situazione economica e finanziaria che rischia di spingerla fuori dall’Euro. I ripetuti tentativi da parte dell’Eurogruppo di evitare una “nuova Grecia” per l’Ue si sono concretizzati in proposte di salvataggio che, per la prima volta, non coinvolgono solo gli Stati nazionali ma direttamente i cittadini, attraverso misure di imposizione fiscale che rappresentano un significativo precedente per gli altri Paesi europei, Italia compresa.
Intervistato dal Nodo di Gordio, Luigi De Biase, giornalista e corrispondente da Mosca per “Il Foglio” e “Il Giornale“, attento osservatore della politica di Russia e Turchia e autore del volume “Il cuore nero di Islamabad” (Silvy Edizioni), illustra le dinamiche sottese all’attuale situazione di Cipro nei rapporti con l’Unione Europea e al relativo salvataggio per evitarne il fallimento.
Il prelievo forzoso sui conti correnti ipotizzato dall’Eurogruppo per evitare il fallimento di Cipro e consentire la concessione degli aiuti per 10 miliardi di euro, risponde a ragioni finanziarie o è diretto prevalentemente a colpire i depositi russi presenti nell’isola?
Oggi sul quotidiano Izvestia c’è un commento del milionario Mikhail Prokhorov, lo stesso che ha sfidato Putin alle ultime elezioni, in cui si dice che Cipro è una “mina vagante” nel cuore dell’Europa. Naturalmente a Mosca molti credono che l’Eurogruppo danneggi soprattutto gli interessi russi, ci sono quelli che fanno il paragone fra la scelta di colpire i depositi bancari a Cipro e i furti perpetrati dai nazisti nei confronti degli ebrei all’epoca del Terzo Reich, ma si tratta di reazioni al limite dell’isteria. Non è la Russia l’obiettivo di questa manovra: l’Eurogruppo vuole mettere in ordine i conti di Cipro, questo è il primo punto, e probabilmente spera di portare un po’ di disciplina nei movimenti delle sue banche. Non bisogna dimenticare che ci sono molti più rubli a Londra e Berlino di quanti se ne vedano a Nicosia.
La scarsa trasparenza delle normative antiriciclaggio presenti a Cipro hanno consentito l’afflusso di molti capitali provenienti dall’estero. Si calcola rappresentino attualmente circa un terzo del totale dei depositi di Cipro e provengono anche dall’Inghilterra. Perché si parla quasi esclusivamente dei trasferimenti dalla Russia?
La stampa anglosassone ha un tic antirusso quando si tratta di soldi e di diritti umani, quindi a volte occorre leggere con un po’ di distacco i commenti che si trovano su grandi testate finanziarie. Il governo russo sta affrontando la questione con una trasparenza che è superiore a quella di altri paesi: il mese scorso il governatore di Bank Rossii ha lanciato un messaggio molto preciso dalle colonne di Vedomosti, ha detto che il 2,5 per cento del Pil attraversa i confini del paese in modo illegale, e il pensiero degli analisti è andato subito a Cipro e ad altri paradisi fiscali. Nelle banche di Nocosia ci sarebbero circa 30-40 miliardi che appartengono a cittadini russi e non bisogna pensare soltanto a fondi neri e malavita. La Russia ha subito un crack violentissimo nel 1998, la fiducia nel sistema bancario nazionale è crollata, per questo molti trasferiscono all’estero i loro risparmi. Forse il maxi prelievo sui depositi di Cipro aiuterà Putin e i suoi a riportare in patria un po’ di quel denaro.
Mosca, attraverso Cipro, tentava una penetrazione in Europa o si tratta meramente di affari locali nelle mani di qualche oligarca sul fronte petrolifero e del riciclaggio?
Non so che cosa intendiate per “penetrazione in Europa”. La Russia è il partner principale dell’Ue per ragioni storiche, culturali ed economiche, quindi i rapporti fra Mosca e le capitali europee andrebbero guardati senza troppo sospetto. Fra Nicosia e Mosca ci sono relazioni solide, il presidente cipriota ha studiato a Mosca in gioventù e il Cremlino ha concesso all’isola un prestito di 2,5 miliardi di euro di recente. Cipro è la seconda casa per almeno 30mila russi, a Limassol c’è un giornale russo e alcuni si sono inventati un soprannome per la città, che è chiamata “Limassolgrad”. I petrolieri e i milionari russi hanno molti più affari in Gran Bretagna che a Cipro, ma nella City si parla di partner, non di “penetrazione”.
La Turchia preme su Cipro da un lato ma anche Europa e Israele stanno giocando una partita geopolitica sull’isola. Vede qualche spazio per altri attori nella scacchiera mediterranea?
Non credo troppo alle “partite geopolitiche”, soprattutto se si parla di un paese che è integrato al massimo livello possibile in una organizzazione rigida come l’Unione europea.
Cipro, nel caso di caduta di Assad in Siria, potrebbe rappresentare per la Russia un’alternativa per il controllo di un’area geopolitica strategica per Mosca come il Mediterraneo e il Medioriente?
La Russia ha abbandonato la presenza militare nel Mediterraneo alla fine degli anni Novanta, ma da qualche settimana a Mosca si parla della possibile nascita di una nuova flotta che si dovrebbe muovere proprio fra le coste dell’Europa e quelle del medio oriente. Per adesso il porto siriano di Tartous è l’unico a disposizione delle navi russe, ma già sono stati individuati nuovi punti di appoggio per il futuro, che saranno a Cipro, in Grecia e in Montenegro. Si tratta di un piano estremamente ambizioso perché la marina russa versa in condizioni abbastanza problematiche, ma la crisi in Siria, le missioni anti pirateria nell’Oceano indiano e le buone relazioni con alcuni paesi del Mediterraneo possono fornire al progetto una grande spinta. Ma è più realistico parlare di “presenza” che di “controllo” su questa area.
Intervista a cura di Augusto Grandi, senior fellow de “Il Nodo di Gordio”.